Psichiatria di Arco, le Associazioni: “Non chiudete quel reparto”

Claudio Chiarani04/06/20233min
20201102_DSC8829 OSPEDALE ARCO

 

“Non chiudete quel reparto”. Questo è l’accorato appello che l’Associazione Riabilitazione Inserimento Sociale, famiglie dei malati psichici (Aris – Associazione per la Riabilitazione e Inserimento Sociale) e Cittadinanza del Trentino A.P.S. – Tribunale dei Diritti del Malato, supportate da una corposa raccolta firme ha depositato in provincia a Trento affinché il servizio di psichiatria dell’ospedale di Arco non venga tolto. Un servizio essenziale, si legge nella nota che accompagna la richiesta avanzata in Provincia, che attua un trattamento psichiatrico volontario e obbligatorio, garantendo anche il ricovero, un centro per le crisi adolescenziali e un centro per la salute mentale. Mettere in atto tutte queste terapie richiede un impegno al limite delle 24ore su 24, scrivono i promotori dell’iniziative presentata, impegno che deve essere necessariamente supportate da adeguati accertamenti diagnostici-strumentali per gli episodi acuti che solamente in un ambiente ospedaliero si possono attuare. Trasformare tutto questo, quando minimo sono necessarie due settimane per poter lavorare al meglio ed essere in grado di dare risposte ai pazienti, in un reparto di sole 24 ore è una scelta irresponsabile. Chiudere questo servizio è una criticità notevole, lo ha detto anche Alessandro Betta, sindaco di Arco, per il quale dopo la perdita del reparto nascite, nonostante le rassicurazioni da Trento che non sarebbe stato chiuso nessun altro reparto, arriva ora quest’altra notizia. “Chiudere il reparto – ha dichiarato alla stampa Betta – con la “formula” della trasformazione in un altro servizio non è dare risposte ai cittadini che ne hanno bisogno.” Il disagio mentale cresce a ritmi esponenziali, sono sempre di più le persone che sono sottoposte a Trattamento sanitario obbligatorio (Tso), particolarmente a seguito della pandemia da Covid. Supportati anche dalle dichiarazioni del dottor Giancarlo Giupponi, presidente regionale della Società Italiana di Psichiatria, il quale ha dichiarato che tenere i pazienti fuori dagli ospedali è approccio da anni ’70, come dire “chiudo i reparti per dare la soluzione alla malattia.” Ridurre i costi della Sanità pubblica a tutti i costi, insomma, e lasciare chi ne ha bisogno abbandonato a sé stesso o, nel migliore dei casi, ai familiari i quali, però, non hanno logicamente gli strumenti per affrontare la situazione.

 

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