Coronavirus: all’Aquafil di Arco si lavora, ma chiesta la Cassa Integrazione
L’azienda di Arco Aquafil ha chiesto la Cassa Integrazione (Cig) per i suoi dipendenti. Che continuano a lavorare e a produrre, ma lo ha fatto a scopo “precauzionale” per quanti, una volta finite le ferie (al momento il 60% lavora e il rimanente 40%, circa 200 sui 497 del totale forza lavoro o è a casa operativo in modalità telelavoro o è in ferie) rimarranno forzatamente a casa. Tutti gli altri proseguono con il lavoro in fabbrica e in sicurezza, ci tengono a far sapere dalla direzione come il presidente Giulio Bonazzi ha recentemente dichiarato alla stampa. Nello stabilimento in Cina non si è avuto nemmeno un contagiato su trecento dipendenti. Ad Arco, grazie all’esperienza fatta in Oriente, l’azienda ha messo a frutto quanto accaduto prima. Viene misurata la temperatura ai dipendenti, vengono adottati i necessari Dpi come le mascherine protettive, la distanza tra gli addetti e la mensa dislocata al fine di evitare ogni possibile contatto ravvicinato.
Aquafil, dunque, ha chiesto quanto prevede il Decreto del governo “Cura Italia” volto all’ottenimento del trattamento ordinario d’integrazione del salario a causa dell’emergenza Covid 19 per tutta la forza lavoro impiegata nello stabilimento al Linfano di Arco, ossia 497 persone, per 9 settimane dal 23 marzo e fino al 23 maggio. Anche il sindacalista Mario Cerutti in videoconferenza ha chiesto e ottenuto spiegazioni: “Volevamo capire meglio la situazione – ha detto – col direttore del personale che ci ha riferito della richiesta fatta in via precauzionale, ma che la produzione continua senza fermarsi. Al momento sono una decina i lavoratori eventualmente interessati dalla misura prevista con la Cig.”