Una triste storia di solitudine e morte ad Arco

Quella di Artan Kosova, albanese che in Trentino viveva indigente, sostenuto solamente grazie alla solidarietà dei frati Cappuccini e di alcune persone che gli davano una mano quando serviva, è una di quelle che, a Natale, tutti rifuggono. Il periodo dell’Avvento è per la gioia, la felicità, la sazietà, gli affetti familiari riscoperti. Lui, invece, è morto nel silenzio più assoluto di una stanza dell’ospedale di Arco domenica 22 dicembre, poco prima di Natale, solo, senza nessuno che potesse dargli il conforto di un’ultima carezza mentre esalava l’ultimo respiro. Lo stesso silenzio che i familiari, i figli e un fratello contattati e arrivati ad Arco per riconoscerlo gli hanno tributato per l’ultima volta non riconoscendolo. Forse perché non hanno mai condiviso la sua scelta di vita, chissà. E così il Comune di Arco si è fatto carico delle spese e del funerale per dargli almeno degna sepoltura. Artan era nato nel 1965, era giovane certo, ma la vita con lui non era stata benevola. Forse per sua stessa scelta, forse per quel Paese che anni fa aveva spinto tanta gente a cercare e trovare lavoro e una nuova vita in Italia. Tanti ci sono riusciti, vivono qui, lavorano e mettono su casa e famiglia. Lui no, lui non ne è stato capace, ma ha trovato sempre qualcuno pronto a dargli una mano, un posto dove dormire o qualcosa da mangiare. La sua mente, però, era invasa dai fantasmi che si portava dietro, e così è finita la sua esistenza. Ora anche quei fantasmi se ne sono andati per sempre.