Umberto Maganzini, l’occhio del futurismo rivano: serata omaggio al MAG

Il MAG – Museo Alto Garda ha dedicato una serata al ricordo di Umberto Maganzini, nel sessantesimo anniversario della sua scomparsa. Un omaggio sentito a un artista eclettico, tra i più rappresentativi del futurismo italiano, nato a Riva del Garda il 9 dicembre 1894 e morto a Firenze nel 1965.
Figura poliedrica e anticonvenzionale, Maganzini adottò lo pseudonimo di Trilluci, con cui firmò molte delle sue opere. Il futurismo, movimento artistico e culturale nato in Italia all’inizio del XX secolo per impulso di Filippo Tommaso Marinetti, fu al centro dell’incontro, arricchito da un suggestivo video con la voce recitante di Carmelo Bene, che ne interpretava le istanze di modernità, velocità e rottura con il passato.
A raccontare il percorso umano e artistico di Maganzini sono stati Federico Zanoner, responsabile della Casa d’Arte Futurista Depero e curatore della mostra a lui dedicata, e Juan Agustin Mancebo Roca, docente universitario di arte contemporanea ed esperto del movimento, a cui ha dedicato numerosi studi.
A rendere più intima e partecipata la serata sono state le letture poetiche di Alberto Maganzini, cugino dell’artista, che ha dato voce a testi carichi di suggestioni. A portare i saluti istituzionali del Comune di Riva del Garda, l’assessora Stefania Pellegrini.
Dalle opere di Trilluci emerge un tratto distintivo: l’idea che non esista un solo modo di vedere, ma che ogni dipinto debba essere un invito a moltiplicare le visioni sulla realtà. Nei suoi paesaggi, la luce e l’orizzonte diventano elementi centrali, simboli di un’infinità tutta interiore. È la luce, infatti, il vero filo conduttore dello sguardo di Maganzini.
Amico di artisti del calibro di Fortunato Depero e Umberto Boccioni, protagonisti della storia del futurismo, Maganzini fu anche legato, nella sua città natale, al pittore Maroni, come attestano documenti epistolari conservati.
Che cos’è un artista, se non il suo occhio? La prospettiva unica con cui guarda il mondo, l’immaginazione che filtra il vissuto e rielabora la memoria dell’arte precedente, guidando la mano nella creazione di qualcosa di nuovo. Chi disegna, dipinge o incide, questo lo sa bene.
È giusto quindi dare merito al direttore del MAG, Matteo Rapanà, per aver organizzato una serata capace di restituire al pubblico la complessità e l’originalità di Umberto Maganzini – forse l’artista locale più importante del Novecento. Un patrimonio da riscoprire, da tramandare. E chissà, forse anche da onorare con una via a lui intitolata.
Gualtiero Toniolo