Numeri bassi, discussione “bollente”: il turismo arabo spiegato da Unat e Confcommercio

Redazione11/08/20255min
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Nelle ultime settimane, la presenza di turisti provenienti dai Paesi arabi a Riva del Garda e, più in generale, nell’Alto Garda trentino, è diventata tema di discussione pubblica. Il primo a segnalare “difficoltà” del settore, soprattutto sul lungolago rivano, ad accogliere questa nuova forma di turismo è stato Luca Grazioli con un intervento su La Busa, che ha scatenato centinaia di migliaia di visualizzazioni, un acceso dibattito e una profonda spaccatura di visioni e ricette future. Non sempre, però, il dibattito si è basato su dati oggettivi: al contrario, spesso è stato alimentato da opinioni personali, episodi singoli e percezioni soggettive.

Riva del Garda: Luca Grazioli denuncia il lato oscuro del turismo emergente

 

Per riportare la questione su binari più concreti, Unat – l’associazione degli albergatori di Confcommercio – ha condotto un’indagine interna tra i propri associati, integrata dalle rilevazioni dell’Osservatorio turistico provinciale. Un lavoro che non pretende di fornire un quadro definitivo, ma che offre un’immagine più aderente alla realtà rispetto alle narrazioni correnti.

 

 

Un turismo variegato, ma con nuove presenze visibili
Riva del Garda è storicamente una meta internazionale: l’85% dei visitatori proviene dall’estero, con circa un centinaio di nazionalità rappresentate ogni anno. Negli ultimi due anni, i turisti di origine araba hanno acquisito una visibilità maggiore – non tanto per i numeri, ancora inferiori alla soglia statistica, quanto per usi e costumi distintivi, in particolare nell’abbigliamento, che li rendono più riconoscibili.

Secondo Unat, questa dinamica ricorda episodi del passato: negli anni ’60 i “capelloni” e le minigonne, negli anni ’80 i surfisti, negli anni ’90 biker e climber. Ogni volta, gruppi con stili di vita diversi dal contesto locale hanno inizialmente suscitato curiosità, talvolta diffidenza, per poi essere integrati nel panorama turistico.

Dal business al leisure
Fino a pochi anni fa, la presenza araba in città era legata quasi esclusivamente a eventi fieristici o congressuali, con ospiti abituati a viaggiare per lavoro e interagire con contesti culturali differenti. Oggi, invece, si tratta soprattutto di turisti leisure: famiglie, coppie e piccoli gruppi che scelgono Riva del Garda come tappa di un itinerario più ampio, senza alcuna promozione mirata sul mercato arabo. Un flusso spontaneo, frutto di prenotazioni dirette e non di campagne turistiche locali.

 

 

Chi sono e come viaggiano
Sotto l’etichetta di “turisti arabi” si trovano realtà diverse: principalmente Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Kuwait, Egitto, Iraq, Marocco e Bahrain, con abitudini e comportamenti molto eterogenei. La permanenza media è di 2-3 giorni, spesso come tappa intermedia tra grandi città italiane (Roma, Firenze, Venezia) e destinazioni alpine come Val Gardena o Val di Fassa.

Viaggiano prevalentemente in autonomia, con auto a noleggio e prenotazioni via portali online. Le strutture scelte spaziano dagli alberghi di lusso agli appartamenti turistici. La spesa non è sempre elevata: talvolta è concentrata sull’alloggio, con minore propensione per negozi, ristoranti o attività locali, anche per ragioni culturali e alimentari.

Differenze culturali e nodi operativi
Gli operatori segnalano alcune criticità legate a differenze di abitudini: orari dei pasti, modalità di utilizzo delle camere, richieste particolari nei servizi, barriere linguistiche e scarsa familiarità con le regole locali. Si aggiungono modalità di pagamento diverse, limitato interesse per le proposte turistiche tipiche e, in certi casi, difficoltà di interazione con altri ospiti.

Secondo Unat, molte di queste difficoltà derivano dalla reciproca scarsa conoscenza: da un lato, i visitatori non sempre sono informati sulle consuetudini locali; dall’altro, le strutture ricettive non dispongono sempre di strumenti e formazione per un’accoglienza mirata.

Una questione di priorità
La maggior parte delle imprese intervistate non considera prioritario investire risorse per attrarre questo specifico segmento di mercato, preferendo concentrarsi sui bacini tradizionali. Una minoranza, invece, si dice disposta a valutare adeguamenti nei servizi e nella comunicazione per intercettare meglio la clientela araba. (n.f.)