Femminicidio, la riflessione di Piantoni sul nuovo DDL: «Proteggere tutte le persone vulnerabili»

La recente approvazione in Senato del disegno di legge n. 2528, che introduce il reato autonomo di femminicidio e rafforza le norme per contrastare la violenza contro le donne, ha acceso il dibattito politico e sociale in tutta Italia.
Ad Arco, a riflettere pubblicamente sul tema è stato il vicesindaco Marco Piantoni, con un post sul suo profilo Facebook che ha assunto i toni di un vero e proprio appello: ampliare la tutela penale anche ad altre categorie di persone fragili, spesso invisibili e prive di protezioni specifiche.
Il contesto legislativo
Il testo di legge, presentato dal ministro della Giustizia Carlo Nordio insieme ai ministri Matteo Piantedosi, Eugenia Maria Roccella e Maria Elisabetta Alberti Casellati, prevede l’introduzione del delitto di femminicidio e una serie di interventi normativi per la tutela delle vittime di violenza di genere.
L’obiettivo è riconoscere la specificità e gravità di un fenomeno che, sottolineano i promotori, ha radici culturali e strutturali.
Il disegno di legge è stato trasmesso al Senato il 23 luglio 2025, segnando un passaggio decisivo nella lotta alla violenza sulle donne.
«E le altre fragilità?»
Pur riconoscendo il valore della nuova norma, Piantoni ha posto una domanda che amplia lo sguardo:
«Che ne è delle altre persone vulnerabili? Chi protegge coloro che vivono quotidianamente situazioni di fragilità, ma non rientrano in questa tipologia di reato?».
Nel suo post, il vicesindaco ha elencato le categorie che, secondo lui, necessitano di tutele penali rafforzate:
anziani non autosufficienti, spesso vittime di abusi fisici o psicologici in contesti domestici o istituzionali;
persone con disabilità, statisticamente più esposte a maltrattamenti difficili da denunciare;
uomini in condizioni di dipendenza e fragilità, privi di protezioni equivalenti;
persone discriminate per orientamento sessuale o identità di genere, bersaglio di violenze legate a chi sono, a chi amano o al loro aspetto.
La questione dell’uguaglianza
Per Piantoni, il rischio è creare una protezione “a più velocità”:
«Possiamo tutelare due vittime dello stesso reato in modo diverso, facendo dipendere la gravità dall’appartenenza a un genere?».
Il vicesindaco non mette in discussione l’urgenza di contrastare la violenza sulle donne, ma chiede di estendere quel principio di protezione a chiunque sia vittima di odio, abuso o discriminazione.
«La dignità della persona – scrive – non può essere selettiva. Non può dipendere dal genere, dall’età, dalla condizione fisica o da chi si ama».
Un confronto da aprire
L’appello di Piantoni si conclude con un auspicio: aprire un dibattito serio per rendere il sistema di tutele «più equo e più fedele ai valori della Costituzione».
Un invito a non lasciare indietro nessuno, soprattutto in un momento in cui il Paese si interroga su come rendere la giustizia penale più vicina alle vittime.
(n.f.)