Coronavirus: ecco i laboratori F.E.M. impegnati nelle analisi sui tamponi
Visita del Presidente della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, ai laboratori della Fondazione Edmund Mach impegnati nelle analisi dei tamponi per la ricerca del coronavirus, dove hanno incontrato e ringraziato i ricercatori e i tecnici che fin dallo scoppio dell’emergenza si stanno fortemente impegnando nell’attività di supporto all’Azienda sanitaria trentina.
Alla visita erano presenti anche il direttore dell’APSS di Trento, Paolo Bordon, e il direttore generale del Dipartimento Salute della PAT, Giancarlo Ruscitti, accolti dal presidente FEM, Mirco Maria Franco Cattani, il direttore generale Mario Del Grosso Destreri, la dirigente del Centro Ricerca e Innovazione Annapaola Rizzoli con i coordinatori Heidi Hauffe, Kieran Thuoy e Massimo Pindo che hanno illustrato le varie fasi dell’attività.
L’attività analitica che si sta svolgendo a San Michele, che ad oggi ha riguardato circa 10.000 tamponi, vede la collaborazione di circa 30 ricercatori, tecnologi e tecnici di oltre 10 unità di ricerca della Fondazione Mach (Genetica della conservazione, Nutrizione e nutrigenomica, Genetica e miglioramento genetico dei fruttiferi, Biologia e fisiologia vegetale, idrobiologia, Ecogenomica, Metabolomica, Qualità Sensoriale, Patologia vegetale e microbiologia applicata ed ecologia applicata, qualità sensoriale nonché la piattaforma di sequenziamento). In poche settimane, come tanti laboratori di ricerca in Europa, questi scienziati si sono rimboccati le maniche per mettere in piedi un nuovo laboratorio con le attrezzature già disponibili ed effettuare le analisi in stretto raccordo con il Laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’Ospedale S. Chiara.
Gli scienziati coinvolti, a turni di 6 persone, da quando la mattina presto ricevono i tamponi inattivati alla FEM, hanno 12 ore di tempo per fornire i risultati all’APSS. Il lavoro si divide in due fasi e in due laboratori, dove i protocolli utilizzati sono identici a quelli applicati al S. Chiara. Nella prima fase, in un laboratorio isolato e elevati standard di sicurezza, l’RNA virale viene estratto da una piccola parte del liquido contenuto in ogni tampone, utilizzando un kit dei reagenti e un sistema altamente automatizzato che permette l’estrazione da 96 campioni alla volta. Le “eluizioni” (cioè l’Rna estratto) sono quindi trasportate alla Piattaforma di Sequenziamento nel Palazzo Ricerca e Conoscenza per la seconda fase. Qui, utilizzando un altro kit di reagenti ed un sistema robotizzato si tenta di amplificare una parte dell’RNA del virus SARS-cov2-2019 da ogni campione. La fase di amplificazione è in sostanza quella che individua l’eventuale segnale della presenza del RNA del virus SARS-cov2-2019 e che può rendere un tampone “positivo”. Va aggiunto che ad ogni amplificazione si affianca sempre un ‘controllo interno’ che garantisce non vi siano ‘falsi negativi’. I risultati sono trasmessi via software al Laboratorio del S Chiara di Trento dove vengono e validati.