Villa San Pietro, gli ambientalisti si rivolgono al Vescovo Tisi

Gianluca Ricci16/02/20212min
20201014_DSC5121 ARCO SOPRALLUOGO SOPRINTENDENZA PAT MARZATICO VILLA SAN PIETRO

Se non si sa più a quale Santo votarsi, si può tentare di rivolgersi ai loro rappresentanti in terra: questo devono avere pensato gli attivisti del Coordinamento Ambientale Alto Garda per cercare un appoggio alla loro battaglia per la salvaguardia dell’ex Villa San Pietro, in particolare Rosi Perini, che ha preso carta e penna e ha scritto niente meno che al Vescovo di Trento, monsignor Lauro Tisi. La speranza è quella di avere una mano non tanto dal punto di vista religioso, quanto da quello imprenditoriale, visto che il 49% della proprietà dell’immobile è nelle mani di Investimenti Immobiliari Atesini, società controllata al 100% da Isa spa, cioè la finanziaria che fa capo alla Chiesa trentina, mentre il restante 51% è di Immobildrena srl. Sulla base di un suo intervento del 2018, quando il Vescovo presentando il rapporto sulla Curia sosteneva che «la Chiesa non può dimenticare che i suoi beni hanno una sola finalità, contribuire a comunicare la speranza evangelica e mostrarla nella concretezza di una mano tesa», gli ambientalisti hanno provato a cogliere la palla al balzo e a chiedere alla più alta carica della Chiesa trentina di occuparsi del destino di quell’immobile, visto che il nuovo progetto di rifacimento ne snaturerebbe le fattezze originarie. Un’operazione che secondo gli ecologisti si troverebbe «completamente in disaccordo – si legge nella lettera scritta da Rosi Perini – con l’intento di tutela del suolo e della Terra tutta cui papa Francesco ha dedicato un’intera enciclica. Siamo ben consci che il suo compito prevalente è la cura delle anime, ma le riconosciamo anche un’ampia sensibilità e coerenza nell’applicare la Parola di Dio alle questioni temporali che la Curia deve comunque gestire». Difficile pensare che la proprietà voglia tornare sulle sue decisioni, soprattutto dopo l’investimento realizzato: ma gli appigli rimasti a disposizione di chi contesta l’opera sono rimasti talmente pochi che dunque tanto vale provarci.

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