Lino Gobbi, 99 anni portati egregiamente

Claudio Chiarani13/02/20203min
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Lino Gobbi, anzi “l’Alpino” Lino Gobbi, ha tagliato il traguardo delle 99 primavere. Splendide, come la sua vita rafforzata dalla tragedia della Seconda Guerra Mondiale vissuta e metabolizzata nei suoi scritti da veterano. Un affetto che gli è stato tributato presso la Casa “Sacro Cuore” di Bolognano dove si trova ospitato. Accolti dal padre superiore Ilario Verri si è presentata una folta rappresentanza di Penne nere arcensi col capogruppo Carlo Zanoni, l’assessore Silvia Girelli, il parroco don Francesco Scarin, il comandante della locale stazione Carabinieri, maresciallo maggiore Mirko Sollecito col vicecomandante Giorgio Dalrì e il Coro Castel della sezione SAT di Arco al gran completo per un omaggio doveroso al reduce alpino che si appresta al traguardo del secolo vissuto. Non è mancata anche una folta rappresentanza del coro in congedo della Brigata Alpina Tridentina per una vera “invasione” di penne nere accorse a festeggiare Lino Gobbi, il quale ha salutato uno ad uno tutti i convenuti con una bella stretta di mano, segno di un affetto reciproco tra le parti per una persona che conserva intatta la sua “fede” di alpino e grande reduce di guerra che pensa sempre ai suoi amici rimasti là, nella gelida terra russa. Classe 1921, Lino Gobbi dopo la ritirata dell’Armir fu fatto prigioniero e deportato in Germania dopo l’otto settembre, data tragica per le vicende dell’esercito italiano che si trovò dalla sera alla mattina a dover combattere i tedeschi con i quali fino al giorno prima erano alleati. Liberato al termine del conflitto fece ritorno ad Arco nel 1945, la sua città natale, dove riprese a vivere la “normalità” del dopoguerra con tutte le sue difficoltà, dedicandosi alla sua terra con l’impegno nella Cooperativa Contadini di Arco e alla sua comunità nella quale e per ben 14 anni ha rivestito la carica di presidente della stessa. Consigliere della Cassa Rurale di Arco per 23 anni, Lino Gobbi è stato anche capogruppo della sezione Alpini di Arco per cinque anni. “Carissimi Alpini e amici tutti – ha scritto qualcuno in sua vece riportando esattamente le sue parole – quell’abbraccio che desidero per l’animo vostro non mi è possibile dare, ma so che mi siete vicini e già questo mi rende sereno. Anche se non so scrivere un saluto, un augurio senza andare a quei tempi lontani per misurare anche solo quello che ci costò quel volersi bene e quel sospirare della bontà celeste. Quel briciolo di pace che potesse ricordare quegli angeli, che potesse raccontare quegli orrori alle nostre mamme e ai nostri papà. Mi abbraccio a voi perché non sia mai dimenticato questo olocausto mentre v’invito a tener caro quel motto “bisogna aver dato tanto per capire che c’è ancora tanto da dare.”

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