Gardone Riviera riaccende il suo ex Casinò. Mentre Arco resta al palo

Il destino degli antichi Casinò attorno al Benaco sembra procedere su due binari opposti. Da una parte, Gardone Riviera, che rilancia con un progetto ambizioso e multimilionario la rinascita del suo storico Palazzo Wimmer (vedi foto del renderer ufficiale della famiglia Massari). Dall’altra, Arco, che osserva da lontano, con un misto di ammirazione e amarezza, l’ennesima occasione mancata per restituire vita al proprio (ex) Casinò, simbolo di un’epoca felice e ormai lontana.
Gardone Riviera: l’ex Casinò rinasce grazie alla visione della famiglia Massari
A Gardone Riviera il futuro ha già preso forma. La notizia dei lavori avviati all’ex Casinò – annunciata dal Comune dopo l’invio del decreto autorizzativo e raccontata da Bresciaoggi – segna un passaggio storico: la trasformazione del Palazzo Wimmer in un polo enogastronomico di alto profilo, firmato dalla famiglia Massari.
L’edificio, un gioiello liberty del 1908–1909 nato come Kurhaus, luogo d’intrattenimento per la clientela internazionale della Belle Époque, entrerà ora in una nuova dimensione. Non più sala da gioco, cinema o spazio polifunzionale, ma una destinazione che unisce ristorazione d’eccellenza, degustazioni, eventi e cultura.
Un progetto che guarda lontano
Il piano elaborato da Massari – vincitore nel 2024 del bando per la concessione venticinquennale – è ambizioso:
– piano terra: ristorante gourmet fronte lago, con un’area dedicata al dolce, firma della famiglia;
– primo piano: spazi eleganti per degustazioni e convivialità;
– secondo piano: soluzioni architettoniche innovative, ancora in fase di sviluppo;
– area eventi: cerimonie, aperitivi, mostre e festival, in sinergia con il teatro del Palazzo Wimmer.
Un investimento milionario, un canone annuo di 150 mila euro (più 10 mila per il bar estivo in spiaggia) e un cronoprogramma chiaro: sette mesi di lavori per un’inaugurazione prevista nella primavera 2026, in tempo per la stagione turistica di Pasqua.
Ma soprattutto, un nome – Iginio Massari – che da solo basta a trasformare un progetto in un’attrazione nazionale e internazionale.
«Sarà un po’ come tornare alle origini», ha dichiarato alla stampa locale il Maestro, ricordando la ristorazione gestita un tempo dalla madre.
«Vogliamo esaltare il bello e il buono, celebrare la tradizione reinterpretata in chiave Massari».
Gardone, grazie a un bando tempestivo e a un privato credibile, si appresta dunque a recuperare un pezzo prezioso della propria storia e a farne un motore culturale ed economico.
Arco: il gemello dimenticato. Il Casinò resta chiuso, sospeso tra attese e promesse
A poco più di trenta chilometri di distanza, l’atmosfera è ben diversa.
L’(ex) Casinò di Arco – edificio storico e identitario, nato anch’esso nel periodo aureo del Kurort, quando la città era meta privilegiata dell’aristocrazia mitteleuropea – rimane sbarrato, immobile, incapace di tornare ciò che è stato.
Da mesi le porte restano chiuse al pubblico, in attesa del nuovo bando di gestione che AMSA Spa non ha ancora formalizzato. Un silenzio pesante, mentre il tempo continua a scorrere.
Un immobilismo che pesa sulla città
Il Comune di Arco e il suo “braccio operativo” – AMSA Spa, l’azienda municipalizzata oggi presieduta dal dottor commercialista Paolo Giovanazzi -, non hanno ancora definito i criteri del nuovo affidamento. E così, lo storico edificio rimane inutilizzato, intrappolato in un limbo gestionale che rischia di vanificarne il potenziale turistico e culturale.
E così, mentre l’ex Casinò di Gardone Riviera si prepara a rinascere come centro di eccellenza, quello di Arco resta fermo, come un gigante addormentato, simbolo di un passato glorioso e di un presente privo di visione. Lasciando senza parole gli archesi.
Due edifici, due destini: cosa raccontano al territorio
La storia parallela dei due Casinò è emblematica della diversa capacità dei territori di trasformare il patrimonio storico in risorsa.
Gardone Riviera ha puntato sul restauro, sulla valorizzazione, su un bando chiaro e competitivo.
Arco, invece, sembra impantanata in un’attesa che nessuno ha saputo (o voluto) abbreviare.
Eppure, il Casinò arcense non è soltanto un edificio: è un pezzo di memoria collettiva, eco di un’epoca in cui la città era considerata un piccolo gioiello della Mitteleuropa climatica, culla di cultura, cure, soggiorni aristocratici.
La sua chiusura prolungata rappresenta non solo una perdita turistica ed economica, ma anche una ferita simbolica.
Guardare oltre: cosa serve perché Arco riparta?
L’esempio di Gardone Riviera è sotto gli occhi di tutti: una gestione chiara, un progetto forte, una visione condivisa tra amministrazione e imprenditoria privata.
Ad Arco serviranno scelte altrettanto coraggiose:
– un bando di gestione finalmente definito;
– un progetto credibile che sappia mettere a valore la storia dell’edificio;
– un utilizzo coerente con il potenziale culturale, musicale, congressuale e turistico del palazzo.
Perché il rischio più grande è che un simbolo della stagione “Felix” arcense venga lasciato deperire nell’indifferenza generale.
La “seconda vita” del Casinò di Arco
Se Gardone Riviera dimostra che è possibile far rivivere un edificio storico trasformandolo in un polo di qualità, Arco ha davanti a sé una piccola, grande sfida: decidere se guardare avanti o continuare a restare ferma.
Il tempo, intanto, continua a scorrere.
E di fronte alla rinascita del Palazzo Wimmer, fra gli archesi la domanda sorge spontanea: “Quando potrà davvero cominciare la “seconda vita” del Casinò di Arco?” (n.f.)










