100 anni: buon compleanno a Giuditta Moro di Riva del Garda
Grande festa martedì 4 gennaio in via Don Porta a Riva del Garda: Giuditta Moro, orgogliosamente nativa dell’Albola Seconda, ha compiuto 100 anni. A festeggiarla i figli Sergio e Marisa e i tanti e affezionati nipoti. Giuditta porta la sua età con disinvoltura, sorridente e lucida. Tra i tantissimi messaggi che ha ricevuto, anche quello del sindaco Cristina Santi: un biglietto di auguri e felicitazioni accompagnato a un mazzo di fiori.
Forse il segreto di Giuditta Moro è nascosto nella sua vita incredibile, più simile a un romanzo, al punto da aver meritato l’attenzione e un lavoro specifico della Mnemoteca del Basso Sarca, curato da Ivana Franceschi. Nata tra le due Guerre Mondiali, Giuditta ha raccolto l’esperienza della madre, che con i fratelli era profuga in Moravia durante il primo Conflitto Mondiale, e in prima persona ha vissuto il duro Dopoguerra e ancora la Seconda Guerra Mondiale con tutte le sue conseguenze.
Figlia di Silvano Moro, di professione calzolaio, e Luigia Miorelli, nata in America, è quartogenita di sette figli: tre maschi (Mario, Domenico e Sergio) e quattro femmine (Erina, Elivira, pure lei centenaria, e Silvana). Da piccolina ha frequentato le scuole presso le suore del Sacro Cuore dell’Inviolata di Riva e, a sedici anni, ha incontrato Augusto Martini, che raggiungerà un anno più tardi, dopo il matrimonio per procura, in Etiopia, ad Addis Abeba, dove lui si era trasferito con il resto della famiglia per un più remunerativo lavoro nella Colonia italiana. Poi lo scoppio della Guerra, il marito prigioniero degli inglesi sulle alture dell’Amba Alagi e, da lì, prigioniero in India, poi ammalato di peritonite, operato senza anestesia e in fin di vita, unto con l’Olio Santo per ben tre volte. Per quasi tutto il periodo della guerra non è stato rimpatriato, per essere invece trasferito in Inghilterra fino alla sua conclusione.
Allo scoppio della Guerra Giuditta e il figlio Lino, che nel frattempo era nato, vennero trasferiti da Addis Abeba in un campo fuori città, dove rimasero oltre quattro mesi, per essere finalmente rimpatriati in Italia con la nave Vulcania. Un viaggio estenuante attorno all’Africa durato più di un mese, perché attraverso il canale di Suez non si poteva navigare, per poi raggiungere la Sardegna con la suocera e il figlio, fratello più giovane di Augusto. Il suocero e il figlio più grande rimasero invece prigionieri in Kenia. Ancora un volo dalla Sardegna, sopravvivendo a due giorni di bombardamento all’aeroporto di Olbia e imbarcandosi su un aereo militare tedesco per raggiunge Napoli, a da lì la ferrovia per tornare a Riva, con il rischio di cadere sotto il fuoco degli alleati.
Finita la guerra, Giuditta si ricongiunge con il marito Augusto, che incontra per la prima volta il figlio Lino. In seguito nascono gli altri tre figli, Silvano e i gemelli Sergio e Marisa. Dopo tante peripezie, per Giuditta l’ennesima, dura prova: il grande dolore della scomparsa del marito e, prematura, dei figli Lino e Silvano, persone squisite che si sono fatte benvolere a Riva del Garda.