Un Decreto rischia di cancellare la pesca sportiva in Italia
La stagione di pesca 2022 in Italia (e in Trentino) rischia di saltare a causa della nuova regolamentazione introdotta in campo nazionale dalla “Direttiva habitat”, con la quale si considerano alloctone (ovvero non originarie di un determinato territorio) le specie di pesci la cui presenza non sia documentata da prima del 1500. Cioè da 600 anni. Di conseguenza gran parte del materiale biologico oggi esistente verrebbe considerato illegale.
Tra le conseguenze negative legate alla novità burocratica potrebbe esserci persino la cancellazione dei Campionati del Mondo Pesca a mosca 2022 assegnati di recente al Trentino. Ma, a cascata, tra le altre cose, anche la sospensione del lavoro nelle pescicolture con la perdita di posti di lavoro.
Il grido d’allarme è lanciato in questi giorni dai pescatori del Trentino e riguarda tutte le Regioni Italiane. Per questo è in atto una mobilitazione di tutte le associazioni di pesca territoriali finalizzata organizzare un Convegno nazionale a Milano il prossimo 13 novembre.
Questa sorta di cataclisma è legato al Dpr n. 357/1997 “Regolamento recante l’attuazione della Direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e semi naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche” e per ultimo al Decreto Ministeriale 2 aprile 2020 la cui entrata in vigore avrà un riflesso pesantissimo su una attività sportiva-sociale che negli ultimi anni si è trasformata in Trentino e in altre regioni in una nicchia di offerta turistica molto importante.
Per l’imminente stagione di pesca 2022 è quindi forte la preoccupazione delle circa 40 associazioni di pesca locali che contano in provincia circa 10.000 tesserati.
La Provincia autonoma di Trento era stata fino ad oggi una delle pochissime zone dove la pesca sportiva si svolgeva regolarmente ma ora il sistema rischia di saltare per l’obbligo di documentare la presenza di varie specie ittiche da almeno 500 anni. Con la novità ministeriale molte delle specie ittiche locali – trote fario, le trote lacustri, i salmerini, i coregoni e i barbi solo per citare le più conosciute – non potranno più essere allevate ed immesse nelle nostre acque dove sono presenti da diverse centinaia di anni.
Si tratta di pesci ormai parte integrante del nostro patrimonio culturale e ambientale – spiegano Fabio Arnoldi e Stefano Martin, rappresentanti delle associazioni di pesca Trentine – dove le associazioni attraverso il volontariato hanno speso enormi energie per gli incubatori di valle e le pescicolture per crearsi dei parchi riproduttori importanti di qualità attraverso i quali autoprodursi novellame da immettere nelle proprie acque.
Tra i salmonidi si salverebbero unicamente la trota marmorata (che però non riesce ad adattarsi a molte delle acque trentine e che è comunque ad oggi allevata in quantitativi assolutamente insufficienti alle necessità locali) ed il salmerino alpino (unicamente ammesso per i laghi di Tovel e di Molveno).