“Ri-emergere”: i dati dei 21.626 questionari compilati durante il lockdown

Redazione24/07/20204min
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Tre questionari distinti, rivolti a bambini/e tra i 5 e 8 anni, ai giovani tra i 9 e 19 anni ed agli adulti con più di 20 anni residenti in provincia di Trento per un totale di 21.626 documenti compilati fra il 28 aprile e il 19 maggio 2020, suddivisi in 10.658 adulti, 7.270 giovani e 3.698 bambini/e. Sono queste le cifre della campagna di indagine rivolta alle famiglie trentine e avviata durante il lockdown dalla Provincia autonoma di Trento, tramite l’Agenzia per la famiglia, natalità e politiche giovanili e il Dipartimento Salute e politiche sociali, e con il supporto scientifico della Fondazione Franco Demarchi.
Si è tenuto un webinar per gli operatori di settore, durante il quale amministratori, ricercatori e tecnici sono entrati nel dettaglio dell’indagine, spiegando alcuni degli interessanti risultati emersi dal punto di vista socio demografico, della quotidianità, di benessere e stili di vita, ma anche di emozioni, relazioni, scuola e lavoro, nonché del grado di soddisfazione alle iniziative messe in campo dai servizi territoriali.
A presentare l’indagine le ricercatrici della Fondazione Demarchi, quindi le riflessioni finali con tecnici ed esperti del Dipartimento provinciale salute e Politiche sociali, del Comitato Provinciale Unicef e del Forum delle associazioni familiari del Trentino.

Bambini 5-8 anni
Nel periodo di lockdown e all’inizio della fase due è emersa una chiara esigenza di socialità e di interazione con coetanei; la mancanza principale ha riguardato infatti le relazioni sociali. La percezione di malessere ha interessato maggiormente i bambini che hanno modificato le abitudini alimentari e del sonno, nello specifico mangiando e dormendo meno. Dalle risposte emerge come al 62,4% dei bambini non sia piaciuto il “nuovo modo” di studiare e il 74,2% si è dichiarato triste del fatto di non frequentare più la scuola.

Giovani 9-19 anni
I giovani hanno sentito maggiormente la mancanza di incontrare gli amici e di potersi muovere liberamente. Anche dalle loro risposte emerge una chiara esigenza di socialità, nonostante il mantenimento delle relazioni attraverso l’uso di strumenti tecnologici (più del 30% è connesso da 3 a 5 ore), la mancanza principale ha riguardato, infatti, le relazioni sociali. Per quanto riguarda la didattica a distanza la soddisfazione per questa modalità riporta una media di 6,09 (in una scala da 1 a 10).Sul tema delle preoccupazioni per gli effetti che l’emergenza Covid-19 avrà sulla propria vita al crescere dell’età aumenta il livello di preoccupazione. Il 35,3% dei giovani ritiene che la relazione con familiari sia migliorata.

Adulti 20+ anni
Dai questionari emerge che circa il 42% degli occupati ha lavorato in smart working e il 35% nella sede abituale. Quasi l’11% si trovava in cassa integrazione. Gli adulti si sono mostrati preoccupati per gli effetti che l’emergenza Covid-19 avrà sulle loro vite, sulle vite dei loro figli e dei genitori anziani. L’elemento di maggiore preoccupazione riguarda tuttavia l’impatto dell’emergenza sanitaria sulle condizioni sociali e sul sistema economico provinciale, oltre che sulle modifiche delle abitudini sociali.

Genitori di bambini 0-4 anni
I genitori di bambini da 0-4 anni hanno notato dei cambiamenti nei comportamenti dei propri figli: il 72,7% il maggior bisogno di vicinanza al genitore, il 50,8% esplosioni di rabbia o maggiore irritabilità, il 39,2% la perdita di abitudini, il 35,8% la difficoltà ad addormentarsi o maggiori risvegli durante la notte, il 33% la difficoltà a rispettare i nuovi ritmi quotidiani della famiglia, il 24,9% l’aumento di paure e il 24,2% regressioni di alcuni comportamenti.

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