Quando Le Corbusier sbarcò a Riva del Garda: il ricordo dell’architetto arcense Andrea Rigo

Redazione23/10/20254min
Le Corbusier sbarcò a Riva del Garda wai


 

“Oggi sbarca a Riva del Garda Le Corbusier!” scrive con ironia e passione l’architetto arcense Andrea Rigo – progettista, fra i molteplici lavori, del Centro di aggregazione giovanile intercomunale Cantiere 26 di Prabi e del Parco Colle Santo Stefano a Bezzecca dove Garibaldi disse “Obbedisco” -, ricordando, attraverso un suo testo riproposto in questi giorni anche da La Busa online, un episodio quasi dimenticato ma affascinante: il passaggio sul Lago di Garda del giovane Charles-Édouard Jeanneret-Gris, che il mondo avrebbe poi conosciuto con il nome di Le Corbusier, tra i padri dell’architettura moderna.

Rigo racconta che 118 anni fa, il 22 ottobre 1907, il futuro maestro svizzero approdava al porto di Riva del Garda, durante il suo primo “voyage d’instruction”, il grande viaggio di formazione che lo portò a scoprire l’Italia dell’arte, delle piazze e delle proporzioni. Aveva appena diciannove anni.

 

 

Un giovane studioso in viaggio tra luce e paesaggio

Le Corbusier, nato a La Chaux-de-Fonds nel 1887, partì nel 1907 per un itinerario che attraversò Milano, Genova, Pisa, Firenze, Bologna e Mantova. Da lì, racconta Rigo, “preferì dormire su una panchina al sole” e cambiare rotta, scegliendo di salire verso il Lago di Garda invece di visitare Verona. Da Peschiera si imbarcò fino a Gargnano, dove, la sera, scrisse ai genitori una cartolina illuminata dal riflesso della luna sul lago.

Il giorno seguente, attratto dalla bellezza del paesaggio, proseguì in battello fino a Riva del Garda, all’epoca territorio del Tirolo austriaco, dove sbarcò nella tarda mattinata. Dopo poche ore di sosta, riprese la navigazione verso Desenzano, da dove raggiunse Verona.

Non esistono testimonianze dirette di ciò che vide a Riva, ma le lettere inviate al maestro Charles L’Eplattenier rivelano l’entusiasmo di chi resta incantato da un paesaggio “impreziosito dalla vegetazione mediterranea”, diverso dai laghi svizzeri che conosceva.

Il Garda come fonte d’ispirazione

Rigo si chiede, con fine intuizione, se il giovane Le Corbusier, osservando le limonaie affacciate sull’acqua, possa aver tratto ispirazione per le sue celebri strutture a pilotis, teorizzate anni dopo nel progetto Dom-Ino del 1914. O se la luce del Garda, “quel gioco sapiente e magnifico dei volumi nella luce”, non abbia lasciato un’impronta indelebile nel suo modo di intendere lo spazio architettonico.

All’epoca, il paesaggio gardesano era ben diverso da quello odierno: le Gardesane non esistevano ancora, d’Annunzio non aveva fondato il Vittoriale, e la centrale Ponale di Maroni era ancora lontana nel tempo. Ma Riva, con la sua eleganza mitteleuropea e l’atmosfera di “Kurort” austro-ungarico, era già una meta di villeggiatura raffinata, crocevia di culture e suggestioni.

Un frammento di memoria architettonica

“Oggi – scrive Rigo – ci piace pensare che in quel breve tempo Le Corbusier sia rimasto colpito dal paesaggio del nostro lago, dalla luce e dalle montagne, elementi che per tutta la vita seppe fondere nei suoi progetti, conciliando i valori spaziali del paesaggio con quelli dell’architettura”.

Un pensiero che restituisce al Garda il suo ruolo di luogo di ispirazione artistica e intellettuale, capace di parlare non solo ai viaggiatori di allora, ma anche agli architetti e ai cittadini di oggi.

Forse davvero, come scriveva lui stesso, “l’architettura è il gioco sapiente, rigoroso e magnifico dei volumi assemblati nella luce”. E quella luce, un giorno d’ottobre del 1907, brillava sul lago di Garda.
Nicola Filippi