Al via le perizie sulla morte del paracadutista di Arco Alessandro Tovazzi

Claudio Chiarani13/10/20203min
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La tragica fatalità che domenica 22 settembre ha portato alla morte Alessandro Tovazzi, il paracadutista arcense scontratosi in volo con l’aereo dal quale si era lanciato sui cieli di Cremona, vedrà al lavoro un pool di esperti per cercare di stabilirne le cause. Quella mattina morì anche il pilota del Pilatus Porter adibito al lancio dei paracadutisti, Stefano Grisenti, comandante e pilota di linea che per passione la domenica portava in quota gli appassionati dei lanci nel vuoto.


Gli incarichi sono stati dati agli avvocati Giacomo Bernardi e Paolo Bonora (uno per il padre e l’altro per la madre di Alessandro Tovazzi) dello Studio associato Bernardi-Bonora-Fiorio, mentre all’ingegner Massimo Bordazza, nominato perito del Pubblico Ministero (un nome “famoso” alle cronache per essere stato perito di casi come il disastro ferroviario di Viareggio (29 giugno del 2009, 29 morti) o il disastro aereo di Linate (8 ottobre 2011, 118 morti), spetta stabilire le esatte dinamiche dell’incidente e attribuire una responsabilità, qualora vi fosse, alle cause dell’incidente. Alessandro Tovazzi portava sul casco una GoPro che ha ripreso il volo fino al momento dell’incidente avvenuto a quota 1.800 metri (il lancio dei paracadutisti è avvenuto a quota 4.500 metri), col perito che dovrà esaminare il filmato per cercare di capire come mai le due rotte, quella di Tovazzi con la Track Suit e di Grisenti ai comandi del Pilatus siano venute a collidere per il tragico epilogo finale che ha portato alla morte di entrambi. Gli avvocati Giacomo Bernardi e Paolo Bonora hanno nominato due consulenti di parte: Manuela Battipede del Politecnico di Torino e l’ingegnere aeronautico Davide Bernardi, cui si aggiunge il consulente del Pubblico Ministero, ingegner Luca Losio, che verificherà la scheda SD inserita nella videocamera di Tovazzi. L’ingegner Sandro Andreotti, invece, è stato nominato perito di parte per il pilota Stefano Grisenti. La Procura ha dato sessanta giorni di tempo ai consulenti per arrivare alle conclusioni, salvo proroghe che, in casi come questi, a volte richiedono un allungamento dei termini.

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