“L’Alber”, 50 anni fa il giornale dei bei tempi pettegoli

Vittorio Colombo05/05/20244min
alber, chiarani e pastina - Copia - Copia

Era il 5 maggio del 1974 e i Rivani si ritrovarono con “l’Alber della Maldicenza”, giornale satirico. Mille copie, prezzo cinquecento lire ciascuna. Già poco prima di mezzogiorno nelle edicole non se ne trovava una. Nei bar e nelle piazze Rivani di ogni età sostavano chini sulla rivista. Commenti, risate, sorrisi a denti stretti. La genesi: la Benacense, condannata in tribunale per un infortunio da malefico giavellotto, doveva sborsare una bella somma. Il presidente Paolo Pederzolli intendeva cavar soldi anche dalle rape. Perché non fare un giornaletto con un taglio tra il caustico e il pettegolo, così da stimolare il ben noto spirito rivano?
Il nome? C’era a Riva un ailanto, o albero del paradiso, noto come “Alber della Maldicenza”. Era di fronte alla Rocca, a fianco del “pont dei strachi”. Sotto le sue fronde sostavano Rivani di ogni tipo. Confidenze, storie piccanti e segreti. Il vecchio albero era il confessionale a cielo aperto della Rivanità. Dalle fronde alle pagine scritte e disegnate. L’“Alber”, tagliato poi nel 1976 per un tarlo malefico, ebbe dunque una seconda vita come rivista. Uscirono in tutto cinque numeri, l’ultimo nel Natale del 1984. Durò, dunque, dieci anni quel tipo di maldicenza stampata, figlia del tempo in cui Riva era un colorito paesone. Ed erano molti quelli che amavano farsi gli affari degli altri ma… sempre con affetto. Nei cinque numeri, visti oggi, ci sono battute e storie godibili. Altre appaiono datate. Sfilarono i sindaci: Santi, Odorizzi e Matteotti, i consiglieri comunali, gli sportivi, Dionisi, il tennis, il basket, quelli della Benacense e i nemici del Riva del dottor Poli, le beghe tra Riva ed Arco per l’Ospedale, i commercianti e gli albergatori incavolati, i latin lover infoiati, le maliarde svampite, i giocatori di trisac sbiellati. Da oscar il “circuito della bicera” con il “Pastina”, il Ciarani “Vulcano”, il pappagallo e, a tracolla, simpatici bottiglioni (nella vignetta di Adone Negri che proponiamo). Molto candore, un pizzico di cattiveria, qualche tizio maltrattato, qualche altro risparmiato, un piccolo mondo antico, visto in fondo con tenerezza. E, purtroppo, ormai sono troppe le note di rimpianto per persone che non ci sono più. Molte mode sono passate. Chi ricorda più la bega per la viabilità e il “viale Martiri della Circolazione”. Ad un numero si allegò il Gioco dell’Oca, chiamata, in onore del sindaco Odorizzi, “Gioco del Cocorizzi” con i protagonisti della assai vivace vita cittadina. Gli “infami autori” furono Cesare Guardini, direttore responsabile, con in batteria chi oggi scrive questo ricordo; caricature di Adone Negri, stampa tipografia Iris del Restel de Fer del Gino Prezzi e dei fratelli Gianni e Giorgio Foradori; in squadra Carlo Modena e Bruno Avancini. Stelio Tedde raccoglieva la pubblicità, Remo Parolari distribuiva nelle edicole.
C’è chi ha il primo numero, nessuno forse tutti e cinque. C’è perfino chi lo rimpiange. Ma oggi sono altri tempi A fare satira, bonaria fin che si vuole, si rischia di finire in galera. Ma anche oggi nessuno si salva. L’Òra del lago spira sempre, pettegola come lo è sempre stata.
Vittorio Colombo

 



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