I 100 anni della rivana Lidia Santorum: ricordi di Guerra e… i numeri di telefono a memoria
Grande festa mercoledì 22 marzo alla Sacra Famiglia ad Arco, per gli splendidi 100 anni di Lidia Santorum, che tra le altre ha ricevuto la visita del sindaco Cristina Santi. Sorridente, piena di vita e contenta di raccontare i mille aneddoti di una vita lunga e intensa, Lidia ha accolto il sindaco, a metà mattina, dicendosi incredula e commossa delle tante attenzioni, degli innumerevoli messaggi di auguri e dei bellissimi mazzi di fiori. Con lei, i figli Enrico e Roberto, in attesa di altre visite e di una festa in programma nel pomeriggio.
Terza dei cinque figli (un maschio e quattro femmine) di Francesco Santorum (cento per cento rivano) e Maria Righi (di San Giorgio), Lidia ha raccontato l’infanzia spensierata a Riva, nella casa di famiglia in viale Trento sud (nei pressi dell’attuale parco della Pace) e nella vicina segheria del padre. Ma ricorda anche, in modo nitido come le rivedesse nuovamente, le fiamme dell’incendio che nel 1931 distrusse la segheria. Il padre fu costretto a vendere tutto e a ricominciare: aprì assieme al figlio Luciano un’impresa edile e costruì una nuova casa.
Tra i ricordi, la guerra: impiegata a Bolzano alla Banca nazionale del lavoro, con il suo inizio e i bombardamenti Lidia si trovò a lavorare dentro una delle gallerie della Gardesana, dove in quegli anni furono spostate parecchie attività, così da metterle al riparo dai bombardamenti.
Un altro ricordo è quello del fidanzato, Giovanni Boscaini: drammatico, quando fu costretta a rivolgergli un terribile addio, alla sua partenza, diciottenne, arruolato nella Divisione Trento e inviato a Tobruk nel deserto libico, perdendo presto ogni contatto. Salvo apprendere poi, fortunosamente, che era stato catturato e che si trovava in Gran Bretagna, imprigionato a Liverpool. Il ricordo più bello, naturalmente, è quello del suo ritorno, ben otto anni dopo, con tutta la città ad aspettare il suo arrivo, ultimo rivano a rientrare dalla prigionia inglese, e finalmente ad abbracciarlo, dentro un grande applauso di tutto il circondario. Quindi, il matrimonio e la nascita prima di Enrico, poi di Roberto. Col marito, Lidia ha portato avanti per tanti anni un negozio di maglieria e tessuti in via Maffei, noto per aspettare, prima di chiudere, che partisse l’ultimo battello, poco prima delle dieci di sera.
Un altro ricordo drammatico è quello del terribile 28 giugno 1944, il giorno dei Martiri. Con una nota positiva, in tutto quell’orrore: la fuga di Giancarlo Tomba, che abitava nei pressi e che, rendendosi conto di quello che stava succedendo, riuscì a salvarsi nascondendosi in casa di Lidia, sotto il letto dei genitori, prima di essere aiutato a scappare in Svizzera.
Lidia, che si trova alla Sacra Famiglia da quattro anni, ha una salute e una lucidità sorprendenti per l’età. Nel 2020 una banale caduta e la frattura di un femore l’hanno costretta sulla sedia a rotelle, ma non hanno intaccato minimamente la sua vivacità e la sua gioia di vivere. In quegli stessi giorni si è sentì dire di essere positiva al test del coronavirus, per cui fu trasportata di gran fretta al centro covid di Volano, superando senza problemi particolari anche quella prova.
«È stata ed è una mamma straordinaria -raccontano i figli- dedita alla famiglia e al lavoro, disponibile e generosa, gentile e affettuosa. Una donna forte e cortese che si fa voler bene da tutti».
Tra i racconti divertiti dei figli, il fatto che ancora oggi Lidia ricordi a memoria tutti i numeri di cellulare dei numerosi parenti, compresi tutti i nipoti.
Lidia, al riguardo dell’articolo che si scriverà sul suo 100° compleanno, per prima cosa ha chiesto di poter ringraziare tutto il personale della Sacra Famiglia, sia della precedente sia dell’attuale gestione, in particolare suor Gabriella, alla quale è molto affezionata.
Alla più classica delle domande, il motivo della straordinaria longevità, ha risposto di non saperlo: «Io non ho fatto niente di particolare perché accadesse -ha spiegato- ho solo fatto la mia vita, al meglio che ho potuto. Il resto è opera del Signore».