Consulenza per il referendum a Torbole, condannati due Amministratori comunali

Redazione25/03/20223min
20200119IMG_3437 MUNICIPIO NAGO TORBOLE


La Corte dei Conti, sezione giurisdizionale del Trentino-Alto Adige, sede di Trento, nel giugno del 2021 ha emesso una sentenza di condanna nei confronti di due amministratori comunali di Nago-Torbole i quali, in luogo della corresponsione del solo gettone di presenza per ogni seduta, come previsto dalla vigente normativa, avevano invece garantito compensi forfettizzati ad alcuni membri di una commissione per la valutazione dell’ammissibilità dei quesiti referendari. Secondo la tesi accusatoria, accolta nella pronuncia di condanna, nel complesso la cifra corrisposta è stata pari a 8.248  Euro, mentre la spesa a carico delle casse pubbliche in caso di applicazione della legge sarebbe dovuta essere stata di circa 1.000 euro.
Il quesito referendario oggetto di valutazione, che non è stato ammesso, era il seguente: “Volete voi che l’attuale Parco Pavese rimanga libero, verde e pubblico, senza nuove costruzioni?”.
La notizia è trapelata in questi giorni per l’interessamento del Consigliere Provinciale del 5-Stelle Alex Marini. Il suo movimento politico nel dicembre 2019, rilevando il caso specifico di Nago Torbole e rimarcando la necessità di intervenire per evitare il ripetersi casi simili, aveva affrontato la questione proponendo una modifica normativa, accolta dall’Aula del Consiglio regionale e recentemente attuata con la nomina di un’unica Commissione provinciale da parte del Consiglio delle autonomie locali per valutare l’ammissibilità di tutte le richieste di referendum promosse a livello locale.
“Appare chiaro – ci dice Marini – come da un lato, applicando le limitazioni previste dallo Statuto comunale alla partecipazione popolare, si sia impedito ai cittadini di esprimersi direttamente su una questione che riguardava il loro territorio. Dall’altro vi è stato un esborso finanziario a carico delle casse comunali, eccessivo rispetto ai costi standard normalmente sostenuti per simili procedure. Alla luce della sentenza ci pare di poter dire che il lavoro svolto per introdurre la norma e per farla attuare si sia dimostrato quanto mai utile per il bene pubblico rispetto alla tutela della democrazia e dei diritti politici, assicurando maggiore terzietà nella valutazione dell’ammissibilità dei quesiti referendari, ma anche rispetto a una gestione più oculata delle risorse pubbliche”.

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