Coldiretti Alto Garda e Ledro, agricoltura e turismo in tempi di Covid 19

Claudio Chiarani26/07/20203min
DANNI ALLE MELE

Sarà ad agosto, mese tradizionalmente dedicato alla raccolta dei prodotti della terra, che gli oltre seicento soci di Coldiretti dell’Alto Garda e Ledro “vedranno” i frutti, è proprio il caso di dire del loro lavoro. Su di un territorio vocato in gran parte al turismo, i 630 soci e le oltre cento attività biologiche si può senz’altro dire che la situazione non è certo negativa, anzi. Ogni anno si aggiungono nuove aziende e i giovani si dimostrano molto interessati, questo in valle di Ledro in particolare ad avviare nuove attività nel settore biologico. Il “problema” è la manodopera che l’agricoltura utilizza, in gran parte proveniente da Paese stranieri ma che in questa fase post emergenza sanitaria ha visto registrare un’inversione di tendenza. Dopo la “chiamata” dell’Agenzia del lavoro, infatti, su 729 domande presentate ben 553 sono di residenti italiani e solamente 176 stranieri (questi già residenti in zona), e tra queste richieste di tanti giovani sotto i 35 anni, esattamente 266. I curriculum sono ora al vaglio degli addetti del settore, poi se le frontiere rimarranno aperte le varie aziende si rivolgeranno a quei lavoratori “storici” che sono già stati impiegati in passato. Rumeni e moldavi in primo piano, poi ci sono anche polacchi, ma oggi non è più come nel recente passato. Molti preferiscono rimanere nel loro Paese d’origine perché l’economia sta crescendo anche da loro. In Germania o Austria, tuttavia, con le paghe in crescita per loro è una valida alternativa. La Coldiretti parla di circa cinquecento assunzioni stagionali, col il Covid che ha colpito maggiormente agriturismo e florovivaisti, toccando anche la viticoltura. La frutticoltura, invece, ha avuto un incremento e con i magazzini vuoti si prospetta un buon raccolto. Il vero “problema” però sono gli spazi dedicati alle varie attività, con spazi in affitto concessi anno dopo anno mentre servirebbero contratti almeno trentennali per una pianificazione a ungo termine dei raccolti. Questo permetterebbe di fare investimenti dedicati, ma se il terreno viene poi “appetito” per fabbricare è chiaro che l’agricoltura in zona gode sì di buona salute ma il settore va difeso a spada tratta come si dice.

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