Centenario dell’Arcipretura della chiesa SS. Maria Assunta di Calavino
Ricorre proprio in questi giorni il centenario del conferimento da parte dell’allora vescovo di Trento Celestino Endrici del titolo di arcipretura alla chiesa di Maria SS. Assunta di Calavino. Il Decreto Vescovile del 16 dicembre 1921 precisa, infatti, che “alla menzionata chiesa di Calavino siano riconosciuti il titolo e la dignità di arcipretura e che i rettori della medesima possano portare e portino “perpetuis futuris temporibus” il titolo onorifico di arciprete”.
Cerchiamo di ricostruire questo momento storico: si era appena usciti dalla Grande Guerra e, nonostante i rilevanti problemi che si ponevano nella fase della ricostruzione non solo socio-economica, ma anche morale e civile della popolazione, il Comune di Calavino nel luglio del 1921 aveva perorato l’istanza per la riaffermazione di questo titolo di cui si erano fregiati i parroci di Calavino fino alla caduta del Principato Vescovile di Trento (1802).
In effetti la parrocchia di Calavino, e di conseguenza la sua Chiesa, vanta una storia millenaria: già sede di pieve originaria verso il VII° VIII° secolo d.C. la sua estensione territoriale coprì gran parte dei paesi della valle dei Laghi, precisamente da Lasino fino a Covelo, fino agli inizi del secolo scorso, esercitando in tal modo un vero primato ecclesiastico-religioso, rafforzato poi dal titolo di sede decanale. La nomina a parroco di Calavino era una meta ambita non solo per il prestigio personale dei parroci, anche per il ricco patrimonio spettante al titolare, come è attestato fin dall’Urbario della parrocchia di Calavino del 1496. Fra di loro ricordiamo Nicolò Madruzzo, figlio illegittimo del barone Nicolò Madruzzo, fratello quest’ultimo del principe vescovo e cardinale Cristoforo all’inizio XVII° secolo, e, in tempi più recenti (seconda metà dell’800), monsignor Luigi Gentilini, deputato alla Dieta di Innsbruck e al parlamento di Vienna.
Nel corso di quest’ultimi decenni le cose sono radicalmente cambiate, soprattutto a causa della mancanza di sacerdoti, con la conseguente perdita della memoria dei fasti di una significativa tradizione legata al proprio campanile.