La mela cotogna, frutto benefico ormai scomparso

Redazione13/12/20204min
melacotogna


Il cotogno è un albero da frutto appartenente alla famiglia delle Rosacee e al genere Cydonia. È uno dei più antichi alberi da frutto conosciuti: era coltivato già nel 2000 a.C. dai Babilonesi, tra i Greci era considerato frutto sacro ad Afrodite e in epoca romana era ben noto, venendo citato da Catone, Plinio e Virgilio.
Trovarla sui banchi dei supermercati è una vera rarità, così come nei frutteti e nel campi. Come molti altri frutti antichi, anche la mela cotogna è ricca di proprietà benefiche preziosissime per la salute di tutto l’organismo. La sua altissima concentrazione di pectina – una fibra alimentare solubile con proprietà addensanti, stabilizzanti e gelatinizzanti – ne fa un alleato naturale formidabile per il benessere dell’intestino. Un vero toccasana per l’apparato gastro-intestinale e come la mela annurca può essere consumata anche da coloro che devono tenere a bada i livelli glicemici nel sangue.

“Varda che se nó te fai el bravo, te dago ‘n codògn!” diceva sempre mia madre quando il mio comportamento lasciava a desiderare. Naturalmente non si riferiva al frutto dell’albero del cotogno, ma semplicemente allo schiaffo violento che, da un punto di vista educativo, funzionava sempre bene.
Allora, con questi ricordi ancora vivi nella mia mente… ma anche nel corpo, non posso non accennare a quell’albero, appunto il cotogno, che si vedeva in quasi tutte le campagne del nostro territorio, ma oggi scomparso, e che vado a presentare in dialetto.
Codognèr
(Cotogno-Cydonia oblonga)
Ancòi codognèri se ‘n vede pochi. Sti ani, ‘nveze, nó gh’era cesura che nó i ghe n’avèss piantà qualcum chì e lì ‘n tra le pèrgole. El codognèr nó l’è tant alt. I rami i è ‘n poch storti, svérgoi e da zóveni pelosi. Le foie le è vérde scur de sora e grise de soto; i fiori bianchi ‘n mezz e rosa dal de for. I fruti, ciamài codògni, i è tondi, duri, grossi come ‘n póm, verdi quando i vei for e ala fim zaldi, quando se i tol zó. En de le cà coi codògni le done le feva tante bone marmelate. En dialet “dar en codògn” vol dir “dar en bel sberlóm, quasi ‘n pugn”.

Giacomo Floriani, nella sua poesia “Nadal”, ricorda i “codogni” con il loro “bonodór”.

E dopo per ‘na scala e ‘na rebalza,
eco la camera dei primi ‘nsogni,
dal bonodor de strami e de codogni,
dai muri ‘mbandierai de veci santi,
con ‘na litera ‘n mez, da spósi, ‘ntrega,
che a nar su, mé ocoreva la carega.
Sandro Parisi

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