Il contagio tra le mura di Villa Regina raccontato da una paziente
A raccontare il dramma del Coronavirus tra le mura di Villa Regina, la Casa di Cura di Arco dove il virus ha colpito duramente, è una signora di fuori provincia ricoverata il 20 febbraio scorso e che lamenta di non aver ricevuto informazioni su cosa stesse accadendo lì, ma anche all’esterno, solo all’ultimo momento. Ricoverata per fare riabilitazione, dopo aver visto la chiusura del bar, la mancanza di consegna dei quotidiani, ridursi le visite ai degenti, la chiusura della piscina e della palestra con i contagi che iniziavano racconta: “Solamente il due marzo sono apparsi i cartelli nei corridoi e negli ascensori, mentre il direttore sanitario ci spiegava le norme igieniche da tenere in reparto. Ma hanno continuato ad accogliere pazienti anche in quei primi giorni di marzo. Lunedì 9 ci è stato vietato d’uscire dalle stanze, capire cosa stesse accadendo era difficile. Solo quando un inserviente mi ha detto di guardare le informazioni regionali in Tv ci è stato tutto chiaro”. Dalla direzione della Casa di Cura arrivano risposte da parte del membro del Consiglio d’amministrazione Mario Claudio Cariello, il quale afferma che sono state attuate tutte le misure del caso come da protocollo dell’Azienda sanitaria. “Tutto è stato attuato come da normativa in essere. Le chiusure dei servizi, intendo, mentre per quanto lamenta la signora non è vero. Noi abbiamo immediatamente informato tutti i nostri pazienti di quanto stesse accadendo, è falso ciò che dice. In quanto ai tamponi, per i quali la signora lamenta di essere tornata a casa senza averlo fatto è perché non ne avevamo, non ci sono stati forniti e poi le direttive dell’Azienda sanitaria sono di farli solamente se si presentano i sintomi o sta a stretto contatto con gli ammalati.” Dal direttore dell’Azienda sanitaria Paolo Bordon arriva un’ulteriore precisazione: “Villa Regina è una casa di cura privata – osserva – che possiede la sua autonomia e risponde alle sue iniziative. Il nostro supporto è stato limitato all’aspetto epidemiologico grave che lì si era creato, dunque era nostro interesse frenare tutte le possibili attività di contagio. Abbiamo mandato personale infermieristico e fornito consulenza medica. Il resto, a me personalmente non risulta e va chiesto eventualmente a loro.”