“Dana” in vendita, a rischio 800 lavoratori di Arco e Rovereto: le reazioni di sindacati e politica
Poche righe di comunicato ufficiale della Dana Incorporated Usa, con l’annuncio di vendita della sua attività “Off-Highway”, e in Trentino sale la preoccupazione per il destino degli stabilimenti di Arco e Rovereto che contano, assieme, quasi 800 lavoratori. Senza contare le ricadute sul tessuto economico locale, grazie all’indotto che ruota attorno alle sedi trentine della multinazionale. La notizia circolava da settimane, fra gli analisti della Borsa di New York, ma solo nelle ultime ore si è fatta concreta, dopo la diffusione di un comunicato stampa ufficiale. Dana Incorporated “ha annunciato di aver ingaggiato i consulenti finanziari Goldman Sachs e Morgan Stanley per vendere la sua attività “Off-Highway” – si legge – che il Consiglio di Amministrazione ritiene possa sbloccare un valore sostanziale per gli azionisti”. Lo stesso CdA che nei giorni precedenti aveva annunciato “la nomina di R. Bruce McDonald, membro del Consiglio di Amministrazione di Dana, a Presidente, con effetto immediato. La nomina di McDonald segue il ritiro di James Kamsickas come Amministratore Delegato e la sua uscita dal Consiglio di Amministrazione. Kamsickas rimarrà come consulente dell’Azienda fino a marzo 2025 per sostenere la transizione”.
“L’attività Off-Highway fornisce sistemi di trasmissione e di movimento per veicoli pesanti in mercati come l’agricoltura, la movimentazione dei materiali, l’industria mineraria, l’edilizia e la silvicoltura – spiegano ancora nel comunicato ufficiale – Una vendita posizionerà Dana con un approccio go-to-market semplificato, focalizzato sul servizio ai clienti di veicoli leggeri e commerciali, con prodotti tradizionali ed elettrificati che sono ampiamente condivisi nel restante portafoglio. I proventi di una potenziale vendita consentiranno a Dana di rafforzare il suo bilancio attraverso una sostanziale riduzione della leva finanziaria e di restituire capitale agli azionisti”.
Vista la situazione, il fronte sindacale trentino si mostra preoccupato e segue con attenzione ogni possibile sviluppo, chiedendo l’intervento della Provincia. Dello stesso avviso anche il sindaco Alessandro Betta e l’assessore Gabriele Andreasi.
“Come Amministrazione Comunale ci uniamo con massima attenzione alla preoccupazione emersa dalla notizia riguardante il futuro dello stabilimento Dana – spiegano – l’impatto positivo che le aziende del comparto industriale hanno sul nostro territorio in termini occupazionali, che poi nel concreto significa la vita di persone e intere famiglie, è un elemento fondamentale per l’intera nostra Comunità. Per questi motivi – concludono il sindaco Betta e l’assessore Andreasi – invitiamo la Provincia, fornendo la nostra collaborazione in tal senso, a presidiare questi passaggi delicati e farsi parte attiva per tutelare i posti di lavoro”.
L’assessore provinciale all’industria, Achille Spinelli, sottolineando la delicatezza della situazione, annuncia un prossimo confronto con i vertici di Confindustria Trentino per capire meglio le prospettive e assicura al contempo la massima vigilanza per tutelare i lavoratori.
Sulla vicenda Dana, interviene anche il Pd Trentino. I consiglieri Michela Calzà, Alessio Manica e Francesco Valduga attaccano la Provincia per la mancanza di programmazione industriale.
“Se questa opzione genera disorientamento nei lavoratori come nelle forze sindacali, esposti entrambi ad imposizioni che vengono da lontano e che guardano esclusivamente al profitto del gruppo industriale, è evidente quanto sia difficile imporre strategie ad una realtà così vasta ed articolata a livello mondiale. Ciò non toglie che ogni sforzo possibile vada fatto, anche coinvolgendo più livelli istituzionali, prendendo però atto di una situazione generale della quale la vicenda “Dana” è un segnale più che allarmante – scrivono in un comunicato stampa – Da tempo anche Confindustria del Trentino pone l’accento sui rischi del comparto industriale a causa del venir meno degli ordini del mercato e di una conseguente crisi produttiva che si scarica anzitutto sui lavoratori. Il settore dell’”automotive” come la produzione di vetri speciali; la chimica come le cartiere soffrono una situazione che pone seri interrogativi sul futuro del sistema industriale trentino. Ecco a cosa servirebbe la programmazione, tanto rifiutata e derisa dall’attuale maggioranza. Ecco a cosa servirebbe una politica di prospettiva capace di orientare gli investimenti sulla domanda di futuro, anziché sulla continua rincorsa all’emergenza. Ecco, in estrema sintesi, a cosa servirebbe la politica, che non è demagogia e populismo a buon mercato, ma capacità di intuire, proprio grazie agli strumenti programmatori, gli orientamenti dei mercati e delle produzioni negli anni a venire e la conseguente rotta del sostegno pubblico al produrre. Aver ridotto alcuni strumenti previsionali a meri uffici burocratici produce disorientamento e smarrimento davanti a vicende come questa, che invece necessiterebbero di una strategia di politica industriale forte e lungimirante. Esattamente il contrario di ciò che questa Giunta provinciale ha fin qui fatto”.