Riaccensione Cementificio di Sarche, quale combustibile? “Non diventi inceneritore”
Nel mentre l’Italcementi ha avviato i lavori necessari per la riattivazione del forno del cementificio di Sarche, continua il dibattito sulla attività industriale che trova sede in località Ponte Oliveti. Da una parte la Società tedesca (la Heidelberg Cement Group) ha messo sul piatto per la riapertura del forno un investimento complessivo di 5 milioni di Euro, che in parte sono impegnati per delle modifiche al processo di combustione, che dovrebbe garantire una minor inquinamento per le emissioni in atmosfera, come pure il riammodernamento della struttura, compreso il restyling dell’opificio anni ’60. Sull’altro piatto della bilancia i dubbi sull’effettivo miglioramento delle condizioni ambientali, favorite da emergenze a livello provinciale di altra natura.
Si fa interprete di queste paure il consigliere provinciale “5 Stelle” Alex Marini che, in una interrogazione, ritorna sulla questione dei combustibili sollevando qualche timore su un’ipotesi (tutta da verificare) che il cementificio di Sarche non si trasformi in inceneritore o gassificatore per i rifiuti provinciali. Sotto questo profilo il Trentino si trova in una situazione di emergenza con la saturazione della discarica di Ischia/Podetti e l’apertura temporanea, con polemiche e prese di posizione, delle discariche di Imer e Monclassico con la necessità sotto il profilo economico di eliminare i rifiuti in casa nostra, evitando di ricorrere ad impianti fuori provincia.
Già nella mozione approvata dai Sindaci della Valle dei Laghi, al punto quattro del documento, si è chiesto “agli organi, enti e istituzioni di avere tutte le garanzie e le modifiche di Legge al fine di evitare che il Cementificio possa essere convertito in un inceneritore”.
Comunque, come ci racconta la storia del Cementificio, le alternative alla combustione del petrolio, poi della polvere di carbone ed infine del “pet-coke” (un derivato del petrolio) hanno potuto essere implementate sulla base di precise autorizzazioni. Vediamole in breve sintesi: l’integrazione con minime percentuali alla combustione dei tradizionali combustibili fossili iniziò nell’autunno 2002 ai tempi della cosiddetta “mucca pazza”, consentendo ai cementifici, in base ad una precisa normativa europea, di poter utilizzare a scopo energetico nella misura del 5% le farine animali (impiego poi abbandonato per questione di costi). Altra autorizzazione nella primavera del 2013 con l’impiego nella misura del 20% dei fanghi essiccati dei depuratori, che per le alte temperature (dai 1500° ai 1800° gradi) col riciclo delle ceneri e l’impiego di elettrofiltri a tessuto avrebbero ridotto per quantità e qualità le sostanze inquinanti. La chiusura del forno nel corso del 2015 non ha permesso di valutare gli effettivi miglioramenti introdotti con la nuova decisione.
MARIANO BOSETTI