Silvio Malfer, il “difensore civico” di Arco compie 92 anni

Redazione01/06/20233min
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Il sempre battagliero Silvio Malfer di Arco, Caneve per la precisione, oggi compie 92 anni. Da sempre circondato da carte, ritagli di giornale, fotocopie è animato dalla stessa incrollabile voglia di essere il paladino di chi altrimenti non avrebbe voce.
Proveniente da Santa Massenza, è stato dipendente dell’Enel per 36 anni e consigliere comunale nelle fila dell’allora partito Socialdemocratico. La sua vita è stata un percorso lungo il quale gli sono state attribuite, di volta in volta, le etichette più diverse: difensore civico, moderno Don Chisciotte, portavoce degli ultimi.
Tra le sue battaglie la conquista di fa arrivare la posta a Padaro di Arco, poi obbligò l’Atesina a fare la fermata alla Moletta, oppure suggerì al vicesindaco Zampiccoli di proseguire fino al bivio di San Giorgio il nuovo impianto di illuminazione che era previsto si dovesse fermare al cimitero. È stato lui a segnalare all’Anas la pericolosità dello sbocco al Linfano, dove poi pose rimedio, o liberò la strada dall’acqua prima che iniziasse la sagra di San Rocco, il patrono della frazione di Caneve, con una manichetta chiesta in prestito ai Pompieri. Fu componente e fondatore del Comitato del Paese che ha organizzato il famoso “Circuito degli assi”, gara per ciclisti che fu l’embrione della rinascita del Giro del Trentino, ora Tour of the Alps.
Fece installare la rotatoria di Caneve, copiata da una foto che aveva scattato a Strasburgo ad una struttura analoga, e si deve a lui la costruzione del parcheggio vicino alla chiesa di San Rocco. Nel ’72 riuscì a portare ad Arco la Scuola infermieri, si batté per il day hospital oncologico, per la chirurgia oculistica, ma anche perché non venga depauperato l’ospedale.
Una delle sue ultime battaglie è stata quella sul recupero di Villa Angerer e del Parco del Sanaclero. È stato lui a coinvolgere il dottor Fontana per la possibile realizzazione di un centro dedicato a salute e benessere, stroncato dagli ambientalisti e al quale l’Amministrazione Pubblica ha ormai rinunciato.
Anche la possibile installazione di un ponte tibetano tra la rupe del Castello di Arco e Laghel è stata una sua idea, poi sostenuta da Assocentro. Anche se ora sembra ormai tramontata.

Una dedizione alla comunità, la sua, che deriva da un “gene” di famiglia, come ebbe e confidare a Nello Morandi per il mensile “la Busa”: “Credo sia una malattia di famiglia. A mio fratello Fiorindo, ex sindaco di Storo, hanno dedicato una piazza. A Tullio, l’altro mio fratello insegnante e preside, hanno voluto bene generazioni di studenti e di insegnanti. Ed io faccio così perché sono così, non riuscirei, insomma, a stare a guardare”.
Tanti auguri, Silvio, dalla redazione de La Busa!

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