Riva ricorda Sergio Molinari, penna graffiante in un’epoca che ne avrebbe bisogno

di Daniela Ricci
Oggi, giovedì 20 marzo, ricorre il decimo anniversario della morte di Sergio Molinari, riconosciuto da tutti, che ne condividessero le opinioni oppure no, come una delle penne più efficaci e graffianti del giornalismo trentino. Più che mai, in questa epoca dominata dal volgare guazzabuglio alimentato dai social e dall’inesorabile perdita di seguito e autorevolezza della carta stampata, si avverte l’assenza del suo sguardo acuto, della sua capacità di analisi e di critica imparziale della realtà, del suo rispetto della verità, della sua scrittura chiara, fluida e diretta. Della sua onestà intellettuale.
Per Sergio questa professione – o meglio, ciò che significava essere giornalista fino a una ventina di anni fa – era come un vestito tagliato su misura: sì, giornalista c’era proprio nato, lo diceva anche lui e ne andava fiero.
Divenuto professionista nel 1978, dopo un breve periodo da collaboratore, Molinari ha lavorato ininterrottamente per il quotidiano Alto Adige, poi Trentino, fino alla fine del 2012, da redattore e caposervizio delle redazioni di Riva del Garda e di Rovereto. A Riva e alla “rivanità” in particolare ha dedicato alcuni tra i suoi pezzi migliori, di cronaca ovviamente ma anche e soprattutto di costume: memorabili le sue rubriche “Soggetti smarriti”, “Il sofà del sabato” e, tra il 2005 e il 2006,”Soprannomi”.
La fine del “suo” giornale l’aveva prevista con largo anticipo: come può resistere, spiegava, con le notizie di cronaca “bruciate” non solo da tv e radio ma ora anche da internet? Tuttavia anche lui sarebbe stato colto di sorpresa di fronte al monopolio editoriale che nella nostra regione ha preceduto e accelerato la chiusura del Trentino. E, forse, solo il cinismo di cui era capace, a volte, nel valutare le persone e le loro azioni, lo avrebbe soccorso nel sapere del trattamento riservato ai suoi ex colleghi, che, nel gennaio 2021, dalla mattina alla sera e senza alcun preavviso sono rimasti senza lavoro.
Malgrado la sua indiscutibile vocazione, gli ultimi anni di lavoro per Sergio Molinari sono stati faticosi: lo aveva capito, il mestiere che aveva tanto amato ormai non era più lo stesso. Con la pensione, però, il piacere di scrivere si era risvegliato e spinto ancora una volta dell’amore per la sua città e per il lago, Sergio aveva iniziato a lavorare ad una guida escursionistica dei sentieri del Garda. Un progetto che purtroppo è riuscito solo ad abbozzare prima che la malattia, dopo averlo fiaccato, il 21 marzo 2015 lo portasse alla morte, a pochi giorni dal suo sessantunesimo compleanno.