di Daniela Ricci
Venerdì 21 marzo ricorre il decimo anniversario della morte di Sergio Molinari, riconosciuto da tutti, che ne condividessero le opinioni oppure no, come una delle penne più efficaci e graffianti del giornalismo trentino. Più che mai, in questa epoca dominata dal volgare guazzabuglio alimentato dai social e dall’inesorabile perdita di seguito e autorevolezza della carta stampata, si avverte l’assenza del suo sguardo acuto, della sua capacità di analisi e di critica imparziale della realtà, del suo rispetto della verità, della sua scrittura chiara, fluida e diretta. Della sua onestà intellettuale.
Per Sergio questa professione – o meglio, ciò che significava essere giornalista fino a una ventina di anni fa – era come un vestito tagliato su misura: sì, giornalista c’era proprio nato, lo diceva anche lui e ne andava fiero.
Divenuto professionista nel 1978, dopo un breve periodo da collaboratore, Molinari ha lavorato ininterrottamente per il quotidiano Alto Adige, poi Trentino, fino alla fine del 2012, da redattore e caposervizio delle redazioni di Riva del Garda e di Rovereto. A Riva e alla “rivanità” in particolare ha dedicato alcuni tra i suoi pezzi migliori, di cronaca ovviamente ma anche e soprattutto di costume: memorabili le sue rubriche “Soggetti smarriti”, “Il sofà del sabato” e, tra il 2005 e il 2006,”Soprannomi”.
La fine del “suo” giornale l’aveva prevista con largo anticipo: come può resistere, spiegava, con le notizie di cronaca “bruciate” non solo da tv e radio ma ora anche da internet? Tuttavia anche lui sarebbe stato colto di sorpresa di fronte al monopolio editoriale che nella nostra regione ha preceduto e accelerato la chiusura del Trentino. E, forse, solo il cinismo di cui era capace, a volte, nel valutare le persone e le loro azioni, lo avrebbe soccorso nel sapere del trattamento riservato ai suoi ex colleghi, che, nel gennaio 2021, dalla mattina alla sera e senza alcun preavviso sono rimasti senza lavoro.
Malgrado la sua indiscutibile vocazione, gli ultimi anni di lavoro per Sergio Molinari sono stati faticosi: lo aveva capito, il mestiere che aveva tanto amato ormai non era più lo stesso. Con la pensione, però, il piacere di scrivere si era risvegliato e spinto ancora una volta dell’amore per la sua città e per il lago, Sergio aveva iniziato a lavorare ad una guida escursionistica dei sentieri del Garda. Un progetto che purtroppo è riuscito solo ad abbozzare prima che la malattia, dopo averlo fiaccato, il 21 marzo 2015 lo portasse alla morte, a pochi giorni dal suo sessantunesimo compleanno.