OTTOBRE: “ALL’OSPEDALE DI ARCO NON SI OPERA PIÙ”. E UNO STUDIO DICE CHE È MEGLIO

Ha “toccato” con mano Mauro Ottobre, consigliere comunale di Autonomia Dinamica, quanto stia cambiando il Servizio Sanitario nell’Alto Garda. Colto da coliche biliari alle due di notte dell’altro giorno, raggiunto il pronto soccorso arcense e chiesto di essere operato perché il suo problema era recidivo, con sorpresa si è sentito dire che l’asportazione della cistifellea non rientra più nei piani delle operazioni che all’ospedale di Arco sono in grado di fare.
Per l’ex onorevole in quota SVP a Roma, un’altra “sorpresa” dopo l’eliminazione del punto nascite sulla quale non ha mancato di esternare: “Altro che protocolli d’intesa – ha dichiarato – e altre amenità, qui si è svuotato un ospedale che era un gioiello della sanità pubblica trentina”.
“La ragione sta nel “numero” degli interventi – come ha spiegato il direttore Luca Fabbri – Troppo pochi per mantenere “vivo” lo standard chirurgico, i “numeri” ci danno ragione”.
Una diatriba, quella che riguarda il mantenimento o meno degli ospedali periferici, che è stata presa in esame anche da uno studio dell’Università Tor Vergata di Roma.
“La Provincia di Trento? Tanti soldi vero, ma ben spesi”. Lo ha detto l’Università Tor Vergata di Roma, alla quale la provincia di Trento si è affidata per valutare la Sanità trentina, ossia le “performance” come si dice oggi, dal punto di vista del denaro speso per assistere le persone. Tuttavia dall’analisi della stessa Università arriva anche un consiglio, ossia quello legato alla “sfida” demografica, gli anziani insomma, che nella nostra Provincia sono in numero considerevole.
I relatori del rapporto, inoltre, “puntano il dito” sui servizi territoriali, affermando che è sbagliato pensare di avere sotto casa prestazioni specialistiche, ma che queste “devono” essere centralizzate in strutture laddove la casistica dice devano essere. I numeri (la casistica), insomma, punto debole della Sanità trentina che opera tagli nelle valli al contrario di quanto, invece, si consiglia, ossia concentrare in strutture adeguate.
Nel rapporto (promosso dalla Provincia, dunque si potrebbe obiettare facilmente che la conclusione è ciò che la provincia vuole) di Federico Spadonaro e Daniela d’Angela di Crea, si promuove, infatti, la linea scelta da Provincia e Azienda sanitaria in questi ultimi tempi, con le specialistiche concentrate a Rovereto e Trento e ben poche altre negli ospedali di valle (Busa, dunque Arco, compresa). Un inciso: la spesa sanitaria pro capite in Trentino ammonta a 2.160 euro/annui, il 16,8% in più della media nazionale ma “in linea” con il PIL trentino. Non solo tagli alla Sanità, in sintesi, ma miglioramento della qualità elle prestazioni, il tutto “confortato” dal fatto che i trentini vivono più a lungo e gli anziani sono in salute. Dati che all’assessore Luca Zeni che li ha presentati “servono” a giustificare la politica sanitaria che la Provincia sta portando avanti.