Orsi e lupi, nell’Alto Garda e Ledro 20 predazioni dal gennaio 2023

Claudio Chiarani12/08/20234min
lupo 2

 

Per preparare le nuove generazioni alla convivenza con i grandi predatori come orsi e lupi è necessario andare nelle scuole e insegnare agli studenti e studentesse con un apposito progetto come comportarsi e cosa fare quando li si incontra. Il Sergio Tonolli pensiero, dirigente del Servizio Faunistico provinciale, in estrema sintesi si può così ben riassumere. Lo ha fatto nel corso di un recente incontro nel quale sono stati presentati i dati della predazione di conigli, galline, impianti apiari e allevamenti ovicaprini avvenuti in valle di Ledro. Venti denunce in totale di cui solamente quello ovicaprino imputabile all’orso, poi ci sono altri due episodi (uno ad Arco dove è quasi certo che sia stato il lupo) che gli esperti stanno analizzando per poter dire con certezza il “colpevole.” Ventidue denunce totali di predazione presentate in Provincia, dunque, di cui venti si diceva attribuite al plantigrado da gennaio a fine luglio in valle di Ledro, territorio logicamente più frequentato dall’orso rispetto alla Busa, nonostante i recenti avvistamenti del plantigrado, che probabilmente per spostarsi da una zona montuosa all’altra ha capito che tagliare per il fondovalle è la via più breve. Identificati sono M 19, M 45, KJ1 e F 43 ma, dati anagrafici a parte dei plantigradi e considerato che l’orso fa l’orso, ossia se trova da mangiare non è che tiri fuori il bancomat e paghi, il monitoraggio è parte preponderante dell’attività dei tecnici provinciali. È attraverso i dati e il monitoraggio, infatti, che si può sapere dove vive, dove si sposta e attuare le necessarie misure di prevenzione per evitare danni, sia all’uomo com’è purtroppo recentemente accaduto, sia agli allevamenti, galline, pecore, capre o conigli che siano. Tra esemplari che portano il radiocollare e quelli nati successivamente che non lo hanno, è stato detto, è difficile capire dove siano. L’applicazione dello stesso, inoltre, avviene a scopo preventivo e proprio per evitare che faccia danni, così si può decidere quale sia la migliore soluzione per l’esemplare, la sua rimozione e ricollocazione in ambiti diversi. Insomma, il progetto Life Ursus ha dato i risultati sperati? Da ciò che sta accadendo anche oltre affermano molti residenti trentini, perché ormai gli avvistamenti sono molteplici e la convivenza è al limite. C’è chi ne chiede l’abbattimento per limitarne il numero, ma c’è anche chi li difende e sostiene che basta non andare nei boschi per incontrarlo. L’amletico dubbio, ci sia concesso, appare legittimo da entrambe la parti, ma la tutela dell’esemplare “umano” che ormai ha antropizzato l’ambiente montano è legittimamente da mettere al primo posto. Anche per chi ama gli animali, di qualunque specie siano. Sull’educazione alla convivenza, per ora, solamente il Muse fa formazione; dunque, andrebbe rafforzato l’insegnamento scolastico con un progetto, diceva Tonolli che però va oltre le competenze del Servizio Faunistico da lui diretto.

 


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