Monte Velo, i lupi fanno strage di pecore e asini

Una voce pacata, segnata dal dolore, racconta una scena che nessuno vorrebbe vedere. “La mia famiglia ha sempre vissuto a Monte Velo, da mio padre in poi, ma una cosa simile non ci era mai successa”.
Chi parla è un abitante storico della montagna, un uomo che ha passato tutta la vita a prendersi cura della sua terra e dei suoi animali. Oggi, però, è soprattutto un uomo spaventato.
Ha 68 anni e ogni giorno, da anni, sale al pascolo nei pressi della chiesetta di San Francesco, nella valle degli Adami. Porta con sé i suoi animali: un’asina, quattro pecore e, da questa primavera, anche una piccola asinella appena nata. “È andato tutto bene per tutta l’estate – racconta – ma sabato scorso, quando sono salito per riportarle a casa, ho trovato una strage. Tutti gli animali erano stati sbranati”.
Tre pecore morte, l’asina mezza mangiata, l’altra ferita in modo gravissimo, morta il giorno dopo nonostante l’intervento del veterinario. “Si è salvata solo una pecorella”, dice con voce rotta. Sul posto sono arrivate le guardie forestali, che hanno documentato l’accaduto. “Mi hanno detto che il branco di lupi è passato dopo le nove del mattino, quando gli animali erano al pascolo”.
“Un territorio piccolo, troppo vicino alle case”
L’uomo non ha mai visto i lupi con i propri occhi, ma negli ultimi mesi, racconta, ha notato un silenzio diverso nel bosco. “Sono spariti i caprioli, i piccoli che venivano a mangiare vicino alle mie pecore. Ora non si vede più niente. È come se il bosco avesse paura anche lui”.
Monte Velo, spiega, è una zona ristretta, costellata di malghe, frequentata ogni giorno da escursionisti, boscaioli, famiglie. “È un territorio piccolo – sottolinea – e ospita già orsi, ora anche lupi. Sicuramente arrivano dai Lessini, risalendo da Nago. Ma chi vive e lavora qui, chi mantiene la montagna pulita e viva, come deve sentirsi sicuro?”
“Chi mi paga il danno morale?”
Il dolore per la perdita degli animali è profondo. Non è solo un danno economico, ma affettivo, morale. “Quegli animali li ho cresciuti, curati, portati ogni giorno al pascolo. Ora ho le immagini davanti agli occhi, non dormo più. Chi mi paga le notti insonni? Chi mi restituisce la serenità di andare nel bosco senza paura?”
Parole che non accusano, ma chiedono ascolto. “Io non voglio criticare nessuno – dice – ma voglio sensibilizzare le persone. Serve un equilibrio. I lupi devono vivere dove la natura lo consente, non in zone frequentate da chi lavora e vive la montagna ogni giorno”.
La richiesta: “La Provincia garantisca sicurezza”
“Non mi interessa tanto il risarcimento – aggiunge – voglio solo sapere che la situazione è sotto controllo, che la Provincia sa dove si muove questo branco. Io faccio la legna per l’inverno e adesso ho paura. I lupi si muovono anche di giorno. Non mi sento più tranquillo a camminare sui sentieri”.
La sua non è una voce contro la natura, ma per la sicurezza. “Non sono contrario ai predatori – conclude – ma devono vivere in zone più adatte alla loro natura. Qui la montagna è piccola, ci vivono persone, ci sono bambini, turisti, animali domestici. Serve trovare una soluzione giusta, che tuteli tutti: anche chi la montagna la ama e la custodisce ogni giorno”.
Nicola Filippi