Lavoro agricolo in nero: 95 casi scoperti in tre mesi dalla Finanza. Nell’Alto Garda 200 irregolari
Dal primo di gennaio a novembre di quest’anno la Guardia di Finanza del Trentino – Alto Adige ha eseguito, nelle province di Trento e Bolzano, 1.194 interventi in materia di sommerso da lavoro di cui 217 sono risultati irregolari con la scoperta di 394 lavoratori “in nero” e 843 lavoratori irregolari.
Il lavoro nero si riscontra in diversi settori tra cui quello agricolo dove è forte la necessità di disporre di manovalanza in un breve spazio temporale (di solito coincidente con il periodo primaverile ed estivo), cui si abbina un bisogno di velocizzazione dei processi di raccolta.
Nel trimestre settembre-novembre le Fiamme Gialle trentine e bolzanine hanno eseguito 105 controlli nei confronti di aziende agricole impegnate nella vendemmia e nella raccolta delle mele di cui 26 con 93 lavoratori completamente “in nero” e 2 iscritti a libro paga ma percettori di salari “fuori busta”. Operando un focus sulla realtà trentina, sono stati eseguiti 38 interventi di cui 2 hanno avuto esito irregolare con la scoperta di 13 lavoratori “in nero” di nazionalità italiana, moldava e marocchina.
I responsabili delle imprese “irregolari” sono stati segnalati ai competenti Uffici del Lavoro e all’Agenzia delle Entrate. La disciplina di settore prevede l’applicazione della cosiddetta “Maxisanzione” in caso di impiego di lavoratori “in nero” che oscilla da un minimo di 1.800 euro ad un massimo di 43.000 euro per ciascun lavoratore irregolare in base al numero di giorni di effettivo lavoro. L’importo della sanzione, inoltre, è aumentato del 20% in caso di impiego di lavoratori stranieri che non possiedono un valido permesso di soggiorno o di minori.
In tempi recenti, l’azione di contrasto al sommerso da lavoro nel settore agricolo ha visto impegnata la Tenenza di Riva del Garda nell’operazione “Oro Verde” che, in collaborazione con gli uffici ispettivi INPS di Brescia, ha portato alla denuncia di tre soggetti per il reato di sfruttamento aggravato della manodopera nonché a scovare oltre duecento lavoratori irregolari e in nero. In particolare, le indagini hanno consentito di ricostruire il modus operandi adottato dai denunciati i quali, approfittando dello stato di bisogno e delle necessità economiche dei richiedenti protezione internazionale, riuscivano a procacciarsi manodopera a bassissimo costo nella totale assenza del versamento di contributi previdenziali. I 25 lavoratori extracomunitari di etnia indiana e africana, impiegati nelle campagne trentine in condizioni degradanti, hanno dichiarato di percepire tra cinque euro e venti euro per l’intera giornata, retribuzione inferiore del 60% a quanto previsto dal Contratto collettivo del lavoro per gli operai agricoli a tempo determinato, pari a circa dodici euro.