La SAT ricorda Italo Marchetti a 25 anni dalla morte

Claudio Chiarani26/02/20243min
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Dalla morte del colonnello Italo Marchetti è trascorso un quarto di secolo, ma quel fazzoletto tricolore che lui sventolò quando aveva cinque anni dalla cima dello Stivo, monte sul quale oggi sorge il rifugio che porta il nome dello zio Prospero, se si guarda bene è ancora lì che garrisce al vento. E al colonnello Italo Marchetti la Sat di Arco nel venticinquesimo dalla sua morte ha voluto dedicare un momento fatto di due intense giornate. Dapprima la conferenza che si è tenuta in sede Sat ad Arco, poi una Messa in Collegiata cui è seguito il corteo e l’omaggio al monumento ai Caduti in viale delle Magnolie.

Nato nel giugno del 1905 Italo Marchetti eredita dallo zio Prospero la passione della montagna fino a divenire fondatore, primo presidente e poi presidente onorario della Sat arcense nel 1932. Sua la sede di via S. Anna, donata ai soci mentre si spendeva anche per gli sciatori fondando lo sci club Sat, tracciando sentieri, visitando e promuovendo rifugi o altri luoghi a lui cari come la Capanna dell’Alpino. Instancabile, combatté in Africa orientale durante la Grande Guerra dove per i suoi atti eroici si meritò la Medaglia d’Argento e la Croce di Guerra al valor militare. Nel 1928 fonda la sezione degli alpini di Arco collaborando per diversi anni con le altre sezioni del Trentino. Tornerà ad Arco nel 1947 a secondo conflitto terminato, dedicandosi al recupero dei rifugi abbandonati e danneggiati dalla guerra. Morirà nel 1999 dopo una vita intensa, vissuta da eroe e dedicata alla sua grande passione. Italo Marchetti era un filantropo, forse uno degli ultimi il cui ricordo non si spegnerà mai. Il suo ricordo è stato il momento più toccante della due giorni, quando il professor Romano Turrini ne ha ricordato la figura intensa fatta di ricordi, ma anche di libri e scritti che ci ha lasciato. Poi l’omaggio musicale di due allievi della scuola Alto Garda, molti ricordi dello storico Mauro Zattera tra i quali quello di una riunione nella quale si pensò d’intitolargli la sede. Cosa che gli fece enorme piacere e che, ogni qualvolta vedeva gli faceva prendere un ampio e grato sorriso.

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