La neuroscienziata Calzà riempie l’Auditorium di Arco
Incollati alla sedia per un paio d’ore, in silenzio, appesi a ogni parola pronunciata dai relatori. Venerdì 12 aprile, ogni posto dell’auditorium di Palazzo Panni era occupato, tanto era vivo l’interesse per l’argomento. Ma soprattutto per l’ospite. In tantissimi, arrivati un po’ da tutto il Basso Sarca, hanno ascoltato le parole della professoressa Laura Calzà, nata ad Arco, “il mio luogo del cuore”, neuroscienziata di caratura internazionale, docente di Biotecnologie e Scienze cognitive all’Università di Bologna, direttore scientifico della Fondazione Iret Ets (ente di ricerca per le malattie neurodegenerative), direttore delle attività di ricerca del Montecatone Rehabilitation Institute (gravi mielolesioni e celebrolesioni) e presidente del Comitato scientifico della Fondazione Maratona Alzheimer, che ha raccontato come è nato il suo ultimo libro, «Le parole che non ti aspetti» (Il Mulino, 2023), scritto a quattro mani con Marco Trabucchi. La serata era stata organizzata dalla Biblioteca civica “Bruno Emmert” e dall’assessore alla cultura Guido Trebo, che ha raccontato come la propria esperienza personale con la malattia della nonna di Bressanone lo abbia spinto a interpellare l’eminente ospite archese.
Il volume, di oltre 220 pagine, racconta la demenza di Alzheimer con un linguaggio nuovo, parlando sì di proteina amiloide alterata, di sinapsi, di studi genetici per sequenziare il genoma, ma soprattutto ha focalizzato l’attenzione del pubblico sull’approccio culturale diverso, alla base della nascita della Fondazione Maratona Alzheimer, che amalgama tre sfere d’interesse culturale: biologica, spirituale e sociale. Nel libro entrano in gioco parole nuove, di rottura. Come benessere, sostenibilità, reti, servizi, dolore, farmaci, abbracci. Quest’ultima, ad esempio, ha una carica intrinseca importante, rappresenta “una comunicazione molto forte per stimolare e creare una interazione fra ammalato a parente”. Come pure una carezza, un sorriso: “Mai sgridare la persona ammalata che sbaglia a fare qualcosa, anzi dovete sorridere e ridere con lei, per proteggere la sua fragilità”.
Con parole semplici, superando la sfera dello scienziato riduzionistico, la neuroscienziata arcense ha risposto alle tante domande del pubblico, tutte persone che stanno affrontando la demenza accanto a un proprio parente o amico, superando lo stigma della malattia. Da molti presenti è arrivato anche lo stimolo di creare una rete di servizi e relazioni fra familiari e istituzioni. Nel Basso Sarca esiste un solo punto d’incontro per i familiari, “Aperitivo Alzheimer”, a Rione Degasperi, ma è troppo poco, pensando al numero sempre maggiore di malati di demenza. Appello che ha trovato concorde sia Stefano Moltalti, presidente della Fondazione Maratona Alzheimer, che ha parlato di “network nazionale”, sia Paola Taufer, psicologa e presidente della Società psicologia dell’adulto e dell’anziano, entrambi presenti e moderatori della serata.
Ad oggi, infatti, non esiste una cura per la demenza di Alzheimer, ma – ha spiegato ancora la professoressa Calzà – si può allontanarla, “mantenendoci attivi, con una stimolazione attiva, una vita sana senza eccessi, con tanta attività motoria, si deve cominciare da giovani e deve proseguire nel tempo”. Curiosamente, l’olfatto, come pure il ballo del tango, aiutano a mantenere la necessaria “plasticità sinaptica” del nostro cervello. Macchina perfetta, ma affamata di nuovi input, ogni giorno, per non invecchiare precocemente. La professoressa Calzà infine ha espresso grande preoccupazione per il futuro dei giovani che assumono sostanze chimiche: “Bucano intere aree di cervello, creando elementi di rischio elevatissimo”, per la loro qualità di vita futura e per l’interazione con l’ambiente esterno.
Un lungo applauso ha chiuso l’intervento della professoressa Laura Calzà, la quale si è congedata dal pubblico firmando le copie del proprio libro e invitando alcuni studenti a visitare la Fondazione Iret che gestisce il Tecnopolo di Bologna.