La fede armata del legionario Italo Conci riscoperta da Ruggero Morghen
Il sottotitolo è intrigante per chiunque si interessi di storia: “Italo Conci, il legionario fiumano “fedelissimo” di D’ Annunzio”. Con quest’opera di 90 pagine Ruggero Morghen prosegue il suo personale percorso di studi storici legati al Vate della Nuova Italia, Gabriele D’Annunzio. “La Fede armata. Italo Conci, il legionario fiumano fedelissimo di D.Annunzio” è un’opera biografica dedicata all’eroe di guerra, legionario fedelissimo di D’Annunzio nella sua partecipazione all’Impresa di Fiume.
Attraverso la nuova biografia l’Autore sa riproporci pagine vivide dell’epopea dannunziana a Fiume, impresa al tempo apparentemente impossibile,, ma che non stanca mai di affascinare anche oggi gli spiriti inquieti che, come in un motto dannunziano dono di un’altra patria rispetto alla dimensione dei contemporanei.
Italo Conci (1893-1920) subisce nel corso della storia una pesante opera di rimozione: ben oltre i confini vezzanesi infatti il suo nome compare sempre associato non tanto all’impresa di Fiume, quanto al fascismo avanzante all’inizio del ‘900, anche se da quel regime egli venne solo ricordato e valorizzato. A suo ricordo in Vezzano era stata denominata la Scuola locale (ora Bellesini) accanto alla Banda del paese. Una vita avventurosa la sua, legata anche al nome di battaglia, Lionello Joris, col quale si arruola volontario nelle truppe italiane, dopo aver lasciato il lavoro in America per entrare nelle truppe grigio-verdi guadagnandosi due medaglie d’argento.
“Arma la prora e salpa verso il mondo!”, con questo motto migliaia di giovani partecipano ad un’impresa epica, quella di Fiume, che rompe gli schemi del conformismo borghese, specie di lucida follia fatta di spregiudicatezza e romanticismo, in grado di attrarre i giovani dell’epoca. Tra questi è anche il nostro Italo Conci, fedelissimo di D’Annunzio, soleva stendersi su un vello di pecora, vero e proprio cane da guardia all’esterno della stanza dove il Poeta-guerriero riposava.
Insieme a lui gli altri legionari trentini, Vittorio Suster, Sigismondo Manci, Massimiliano Marchetto e Paolo Lorenzoni.
La Legione trentina col significativo nome di “Cesare Battisti” e con l’approvazione del D’Annunzio era composta da una sessantina di giovani volontari, identificati dal motto “Con la spada e col cuore”, un motto che chiarisce l’intendimento, non solo bellico ma anche sentimentale, dei volontari: si tratta sì di combattere per Fiume italiana, ma anche di riaffermare le ragioni politiche e sentimentali di tale azione: al comando e tra i formatari del Manifesto della Legione è Italo Conci, il quale respinge le accuse di militarismo reazionario e di imperialismo, in nome dei diritti dei popoli e delle nazionalità.