Elezioni Provinciali, ad Arco e Riva ha vinto l’astensione
Ha vinto l’astensione. Ha vinto Maurizio Fugatti, e il secondo mandato che gli elettori gli hanno affidato sarà ancor più impegnativo del primo. Ma la notizia bella è che, finalmente, il Garda trentino ha un rappresentante in Consiglio provinciale ed è donna. La vicesindaca di Dro Michela Calzà, infatti, è stata eletta in quota PD dove, da subito, dovrà affrontare una “battaglia” in difesa del suo territorio. Peccato per l’avvocato rivano Claudio Malfer, che per un pugno di voti, 18, e sempre in quota Partito Democratico non è riuscito a fare altrettanto, altrimenti il posto in Consiglio provinciale sarebbe stato suo. Ma l’uomo potrà dire la sua alle prossime comunali, ne siamo certi. Poi la fredda analisi del voto porta al primo ragionamento: è andato a votare poco più della metà degli aventi diritto, una tendenza in continuo calo che la dice lunga su come la gente oggi creda nella politica. Purtroppo, perché votare è un dovere prima di tutto. Tornando a Michela Calzà i 1.447 voti di preferenza personale da lei raccolti sono un ottimo risultato che la vicesindaca di Dro ora cercherà di mettere a frutto portando in Consiglio provinciale le istanze di un territorio che, com’è noto, produce il Pil più alto di tutto il Trentino. Tra vincitori e “vinti” l’analisi del voto di domenica 22 ottobre pone comunque la coalizione che sosteneva il governatore uscente al primo posto, anche se il Trentino il partito più votato è quello Democratico. E proprio Michela Calzà che appartiene a quel partito avrà l’incarico di portare, come lei stessa ha dichiarato all’indomani dello scrutinio che la designava eletta i temi a lei cari quali sanità, casa, viabilità e Rsa, le residenze sanitarie assistenziali. Se a Riva la Lega perde qualche consenso percentuale ad Arco lo perde il Partito Democratico ma che rimane comunque la prima “forza” politica della città delle palme. È il partito della premier Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia che, invece, sale nei consensi dei cittadini in tutto il Trentino. Ma è l’astensione il principale “imputato” dietro le “sbarre”, perché a questa tornata si è presentato a votare meno del 60% (258.003) degli aventi diritto (441.723), ossia un 58,41% contro il 64,05% delle scorse provinciali nel 2018. I dati salienti sono la quasi “scomparsa” del Movimento 5 Stelle, il citato boom di Fratelli d’Italia (12,35%) e il calo della Lega (dal 27 al 13% in totale), partito del governatore eletto che, comunque, governerà il Trentino per i prossimi cinque anni. Bene il Partito democratico che arriva al 16,64% salendo di quasi tre punti in percentuale rispetto al 2018 (13,9%). 21 seggi al centrodestra, 13 al centrosinistra dunque, con le “nuove” formazioni di Campobase che raccoglie 19.553 voti (8,31%) e Casa Autonomia che incassa 9.968 veti (4,29%). Sotto la soglia del 3% Onda (2,52%), democrazia Sovrana e Popolare (2,35%), e, “udite, udite” Forza Italia (2,02%) per finire con le liste più note come il Movimento 5 Stelle (1,95%) e altre in percentuali minori anche dell’1 %.