Dal caso del giovane disabile un richiamo all’inclusione: le riflessioni di Spinelli e Amistadi

È una vicenda che ha fatto discutere, indignato e, infine, aperto uno spiraglio di riflessione. Il caso del giovane disabile romano e della sua famiglia, invitati da un albergo trentino a spostarsi in una sala separata per consumare i pasti “per non disturbare”, si è concluso dopo due anni con un accordo conciliativo: la titolare dell’hotel frequenterà un corso di formazione, indicato dalla famiglia, dedicato alle buone pratiche di accoglienza delle persone con disabilità.
Un epilogo che non cancella l’episodio, ma che apre la strada, come sottolinea l’assessore provinciale Achille Spinelli, a una “occasione di riflessione e di crescita”.
Il Trentino – scrive Spinelli nel suo post – è terra di accoglienza e garbo, e proprio per questo «non arroccarsi ma migliorarsi sempre, evolversi continuamente, è importante». Anche nelle difficoltà, aggiunge, le comunità devono saper “fare ammenda” e ripartire con standard più alti. Da qui l’auspicio che la famiglia, da vent’anni affezionata al territorio, continui a sceglierlo per le proprie vacanze: «Avanti Trentino!».
Amistadi: “Non è solo turismo. È il modo in cui viviamo le nostre comunità”
Alle parole dell’assessore provinciale si collega, con un ragionamento più ampio e territoriale, interpellato dalla redazione de La Busa online, il consigliere comunale arcense Alessandro Amistadi (SiAmo Arco), che riprende il caso e lo cala nella realtà delle comunità dell’Alto Garda.
Per Amistadi, l’episodio non riguarda soltanto il mondo del turismo, ma «la modalità globale del vivere queste tematiche in seno alle nostre comunità». Ed è un richiamo che tocca diversi livelli: l’accessibilità delle strutture ricettive, l’impegno concreto a eliminare le barriere architettoniche, la responsabilità del mondo della scuola e del lavoro nel garantire dignità, autonomia e inclusione.
Sottolinea come, nonostante i progressi fatti negli ultimi decenni, «tantissimo resta da fare per una reale inclusione delle persone con disabilità». L’errore dell’albergatrice – prosegue – deve far riflettere tutti: “In tutto il Trentino e quindi anche qui ad Arco, a Riva, in tutto l’Alto Garda”.
Amistadi individua nelle amministrazioni comunali un ruolo chiave, perché detengono «il grande dovere – e la grande responsabilità – di poter compiere gesti e atti amministrativi di sempre maggiore inclusione». Su questo tema, promette il consigliere, la minoranza sarà “sempre propositiva e vigile”.
Perché il principio è semplice e non negoziabile: «Il mondo è di tutti. E nessuno, nel 2025, deve più conoscere la vergogna di assurde e mortificanti umiliazioni».
Inclusione come progetto quotidiano
Il caso, per quanto doloroso, ricorda quanto la cultura dell’inclusione sia un percorso mai concluso: riguarda la formazione, l’accoglienza, le strutture, la scuola, le politiche pubbliche e – prima ancora – la sensibilità collettiva.
Le parole di Spinelli e Amistadi mostrano due piani complementari: il livello istituzionale, che deve garantire formazione e norme adeguate; e il livello comunitario, chiamato a costruire un ambiente in cui ogni persona, con le proprie fragilità e potenzialità, trovi dignità e spazio.
Perché l’accoglienza non è un tratto folkloristico del Trentino o dell’Alto Garda: è un allenamento quotidiano alla civiltà. E ogni episodio che mette in luce una fragilità del sistema può diventare – se affrontato con responsabilità – un’occasione per crescere.
Nicola Filippi










