Arco: trauma cranico ad una bimba di 7 mesi, ore d’ansia per i genitori

Nicola Filippi28/10/20246min
20201102IMG_7034 OSPEDALE ARCO



 

Per due giovani genitori della Busa è stato un pomeriggio da dimenticare. La loro bambina, la primogenita di sette mesi, dopo essersi ferita cadendo di faccia dal seggiolone, prima di ricevere adeguate cure mediche, ha pianto un fiume di lacrime e urlato tutto il suo dolore, si è assopita più volte e si è risvegliata, spaventando a morte i propri genitori. I quali, dopo aver atteso vanamente al pronto soccorso di Arco di effettuare il triage, sono stati costretti a prendere l’auto e precipitarsi a Rovereto. Fortuna ha voluto che non ci fosse troppo traffico. In meno di mezz’ora sono arrivati al Santa Maria del Carmine. Lì, al sesto piano, medici e infermieri del pronto soccorso pediatrico, allertati dalla centrale operativa di “Trentino Emergenza-112”, stavano aspettando la bimba per avviare tutte le cure del caso. Oggi, a una settimana di distanza, la piccola mostra un enorme bernoccolo in fronte, “che cambia colore ogni giorno”, scherza oggi il papà. Il quale però è deciso ad andare fino in fondo, si dice pronto a inviare una segnalazione all’Azienda Sanitaria di Trento. Alla redazione de “La Busa” racconta tutta la propria amarezza. “Lo faccio perché spero che non succeda ad altri genitori, per me e la mia compagna è stata una domenica pazzesca, da incubo”.
Andiamo con ordine.
Per esplicita richiesta dei due genitori, raccontiamo la storia senza fare nomi. Tutto ha inizio domenica 20 ottobre, verso le tre del pomeriggio. La bimba cade dal seggiolone, “giù di faccia – racconta il padre – abitiamo a un minuto dall’ospedale civile di Arco. Io e la mia compagna decidiamo di portarla al pronto soccorso, per farla visitare prima possibile da un medico. C’erano solo codici bianchi e verdi. In sala d’aspetto una decina di persone. La bambina piangeva disperata. In fronte le stava crescendo un grosso bernoccolo. Abbiamo visto che era accesa la luce di occupato. Abbiamo suonato il campanello ed è uscita una Oss, dicendoci: è occupato. Le ho detto che la mia bimba, di sette mesi, era caduta dal seggiolone e volevamo farla visitare. La Oss è rientrata nella stanza dell’accettazione, quella del triage. Dopo tre minuti di orologio, è uscita di nuovo. Lei guarda la sala e indica un ragazzo, sulla quarantina, che aveva qualcosa sopra l’occhio e lo fa entrare. In quel momento mi sono cadute le braccia”.
“Sai cosa ci ha detto la Oss? Sì, una Oss, siamo sicuri, non una infermiera professionale: la bimba sta bene, sta piangendo… questa risposta mi ha disarmato… come fai a dire che se piange sta bene? E se avesse avuto un’emorragia interna? – ci spiega ancora il padre della piccola – Ma perché c’era una Oss a fare triage e non una un’infermiera professionale, come prevede l’accettazione infermieristica degli ospedali? La mia compagna è infermiera e ha riconosciuto che era una Oss, dal tipo di camice che indossava”.
“Con che coraggio lei ha deciso di far entrare il ragazzo, invece che far valutare un lattante che era caduto da un metro d’altezza – ci chiede ancora il padre – allora non ci ho più visto, siamo saliti in auto e ci siamo diretti all’ospedale di Rovereto, dove c’è il pronto soccorso pediatrico”.
Arrivati a Passo San Giovanni insorgono altre problematiche.
“La bambina ha cominciato ad addormentarsi e girava indietro gli occhi – racconta ancora in padre – ci siamo preoccupati, abbiamo chiamato il 112 e ho chiesto come comportarci. Mi hanno subito passato la centrale operativa del 118. Sono stati carinissimi. State facendo la cosa giusta, ci hanno detto, se ve la sentite di guidare fino a Rovereto arrivate fino al pronto soccorso, avviso che state arrivando. Se invece non ce la fate, vi fermate e inviamo un’ambulanza. Noi siamo arrivati all’ospedale, in pronto soccorso ci stavano aspettando. Ci hanno mandato al sesto piano, al pronto soccorso pediatrico e finalmente la mia bambina è stata sottoposta a tutti gli accertamenti del caso.
Ci hanno dato una stanza, hanno tenuto la bambina sempre monitorata con gli strumenti, per più di sei ore. Effettivamente aveva un trauma cranico. Quando si è stabilizzata e ha cenato, ci hanno lasciato tornare a casa con lei”.
Ora la piccola ha un grosso bernoccolo in fronte, si sta riassorbendo lentamente. Di questa domenica non ricorderà nulla, ne siamo certi, dovrà crescere ancora un po’ prima di comprendere la differenza fra gioia e dolore. Ma per i suoi genitori è stata una giornata “indimenticabile”. Che oggi, per fortuna, possono raccontare – seppur con una punta di amarezza – tenendo stretta fra le braccia la loro bellissima creatura.

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