Adolescenza e convivenza con un virus fuori dal comune
Ecco come viviamo la pandemia noi sedicenni che frequentiamo la Terza C Scientifico del Liceo “Andrea Maffei” di Riva del Garda.
Sono due le tipologie di liceale che si preparano all’ingresso a scuola: chi dorme fino all’ultimo minuto disponibile e chi, invece, già alle sei di mattina si sente già in ritardo sulla tabella di marcia. Per alcuni sarebbe bello la mattina posticipare la sveglia e potersi alzare dal letto e fare tutto con calma, senza l’ansia costante di perdere il bus o di dimenticarsi a casa la mascherina. Dall’altra parte c’è anche qualcuno di più fortunato ha la scuola a due passi da casa, si può svegliare alle sette e mezza ed entrare qualche secondo prima del suono della campanella.
Viaggio in autobus e ingresso a scuola rigorosamente con mascherina, da questo momento inizia un percorso che non guarda in faccia nessuno, anche perché impossibilitato da quest’ultima che lascia scoperti solo gli occhi. È stato bello tornare a far lezione in presenza, potersi guardare anche se ad un metro di distanza, a cui ormai tutti hanno fatto l’abitudine. Quello che ci manca di più è il non poter interagire con chiunque ti circondi. I più espansivi si sentono frenati, com’è giusto che sia, dalle misure di sicurezza imposte. Quindi a livello di relazioni umane la vita all’interno della scuola è cambiata molto, ci si limita a rapporti con persone più vicine a te dato che non è più possibile mettersi a chiacchierare con il primo che passa.
Alcuni di noi sono rimasti a casa anche per un semplice raffreddore stagionale, non tanto perché stavano così male ma per un fatto di responsabilità nei confronti delle regole e dei compagni. Un giorno o due a casa per tornare e stare più tranquilli, senza la paura di poter essere considerati untori. I più gravi invece si sono messi in auto-quarantena, facendo il tampone ed attendendo speranzosi insieme ai compagni un risultato negativo.
I pomeriggi sembrano accomunare ancora una volta noi giovani, dove chi era abituato ad uscire si è ormai adeguato a pomeriggi un po’ più sedentari, tra studio e riposo. Che sia un effetto collaterale della quarantena? Alcuni ritengono di sì, poiché pensano che anche da soli a volte si sta bene. A fare la differenza tra la routine quotidiana di ognuno di noi è l’attività fisica che, tra restrizioni e distanziamento, è una buona valvola di sfogo. C’è chi corre, chi fa passeggiate e chi va in palestra. Per quanto riguarda sport di squadra, come ad esempio il basket, la palla rappresenta un problema, ma è presto risolto in quanto viene adeguatamente igienizzata. Quindi la pallacanestro è ancora praticabile, se non con qualche spinta e contatto fisico in meno. Sport come l’arrampicata o la ginnastica ritmica, invece, anche se individuali si fanno in gruppo e sono più complicati. Bisogna indossare sempre la mascherina tranne nel momento in cui si fa l’esercizio e il distanziamento, purtroppo, impedisce di interagire con i compagni e questo manca.
Infine a casa, dove dopo una doccia rigenerante e anti-germi arriva il tanto atteso momento di andare a letto, che qualcuno anticipa con la lettura di un libro, chi con un ripasso per il giorno seguente e chi, invece, con la serie televisiva preferita. C’è voluta una pandemia per insegnarci cosa significa stare al mondo con regole ben più severe di quelle ci venivano imposte prima di questo brutto periodo che stiamo vivendo. Perché a tutti, in fondo, manca la cara e vecchia normalità.