Addio a Giancarlo “Galetina” Lutteri, scrittore e poeta con Arco nel cuore

di Nello Morandi
Lo chiamavamo “Galetina” – arachide in dialetto – ma francamente non ne ricordo il motivo. Lui mi confidò, una volta, che era stato Renato Mandelli, altro mito della mia infanzia, ad affibbiargli questo soprannome. Forse perché Renato – il famoso “don Dado” – era grande e grosso e lui non proprio un gigante, anche se il suo fisico, magrissimo, sprizzava energia da tutti i pori. Come i suoi occhi, vivacissimi e curiosi, gli unici a non cedere all’età ed agli acciacchi perché specchio di una incrollabile sete di sapere. Mi piace pensare che sia stato così, fino al momento ineluttabile di andare avanti, vinto dall’età e dalle conseguenze di una malaugurata caduta in casa che da tempo l’aveva costretto in un letto d’ospedale.
Giancarlo Lutteri, dopo una vita trascorsa a Milano, dove è nato 87 anni fa, ha lavorato e messo su famiglia sposando la sua Mariapia, riposerà però nel cimitero della “sua” Arco, alla quale era legatissimo per parentela, ma soprattutto perché all’ombra del Castello ha trascorso momenti indimenticabili della sua giovinezza e stabilito indissolubili rapporti di amicizia. Di quelli che ti segnano e non ti lasciano più, anche se sei il responsabile dell’engineering dell’Ansaldo, anche se abiti alla Bovisa, anche se il Barbera da tempo aveva sostituito il Merlot. Lui, il “Galetina”, li teneva in vita affidando alla carta le sue emozioni e i suoi ricordi, scrivendo poesie, brevi racconti, storie struggenti.
Non moltissimo tempo fa, mi aveva fatto dono di alcune delle sue pubblicazioni, mai edite e quindi ancora più preziose. Raccontavano di escursioni con gli amici, di sogni, di notti stellate, di montagne, le sue montagne, che aveva frequentato da ragazzo anche con gli scout (“dai quali sono stato espulso su richiesta di monsignor Corradi, reo, a suo dire, di avere un linguaggio troppo colorito”).
Forse un po’ ribelle, forse un po’ poco politically correct, ma molto vero. Questo il Giancarlo “Galetina” che voglio ricordare al sempre più sparuto numero degli amici di quell’epoca magra ma entusiasmante perché ci dava la sensazione che nessuno ci avrebbe potuto rubare il futuro. Un tempo in cui contavano anche le “Migole”, “cose minute, sparse sul selciato, nell’ombra dei cortili, ovunque vengano lasciate cadere – come ricorda Giancarlo in un suo racconto – Paiono insignificanti, estremo residuo d’un pane, d’un biscotto. Ma quanti passeri nutrono! Queste “migole”, che chiameremo storie, non sono inventate, sono state vissute, comprese, narrate, affinché ne rimanga agrodolce memoria”.
Però la tua sensibilità le ha sapute raccogliere, caro amico, e questo è un patrimonio che ci hai lasciato e niente potrà anche solo scalfire.
Breve biografia:
Giancarlo Lutteri nasce a Milano il 16 febbraio del 1937 e nel 1944, a causa della perdita della madre durante la Guerra, viene portato ad Arco dal padre, l’arcense Silvio Lutteri, dove viene cresciuto dalle zie fino alla fine del conflitto. Rimarrà sempre legato al luogo di origine della propria famiglia, trascorrendo fino all’ultimo gran parte delle proprie vacanze e del proprio tempo libero nella casa di famiglia nel centro storico di Arco.
Pittore e scrittore da sempre ispirato dalla propria terra, appassionato alpinista, Scout negli anni dell’adolescenza e della giovinezza assieme a tanti amici e coscritti arcensi.
Era molto legato alla SAT arcense, ricevendo nel 2024 il riconoscimento per i 70 anni di appartenenza. È stato, inoltre, fondatore del gruppo speleologico nel 1960.
Scrittore di racconti, novelle e poesie per il Gruppo Italiano Scrittori di Montagna GISM, ha collaborato con il mensile “La Busa” con ricordi legati alla sua terra e alle sue montagne ed ha vinto il Premio Letterario Brianza nel 1994.