Omicidio Eleonora Perraro a Nago, ergastolo al marito Marco Manfrini
Non ha avuto dubbi la Corte d’Assise: ergastolo per Marco Manfrini, definitivamente delineato il 6 luglio come uxoricida, artefice dell’ennesimo femminicidio italiano. La pesante e gravissima accusa risale a quanto accaduto al bar di Nago “Sesto Grado” tre anni fa, nel 2018. Manfrini e sua moglie, Eleonora Perraro, dopo una serata di allegria e risate, hanno optato per una caratteristica notte estiva all’aria aperta, da passare quindi nel giardinetto adiacente al chioschetto. E proprio lì, durante quella serata che avrebbe dovuto essere stata felice e spensierata, Eleonora venne brutalmente assassinata e martoriata senza rispetto ne dignità. La mattina dopo, accanto al suo corpo esanime ed insanguinato, si sveglia il marito Marco Manfrini imbrattato di sangue.
Il processo, conclusosi il 6 luglio con la sentenza definitiva, ha visto naturalmente protagonisti anche i familiari di Eleonora, che hanno richiesto 850 mila euro per risarcimento danni. La difesa, rappresentata dall’avvocato Elena Cainelli, ha provato a giocare varie carte per evitare il carcere a vita a Manfrini e, dopo aver spinto sulla strada del “terzo uomo” – un biondino presente quella sera al bar ma che nessuno conosce – ha puntato su Achille, il labrador di Eleonora. La difesa sostiene quindi con determinazione che, in seguito al violento assalto dell’animale, la vittima sia internamente annegata nel suo stesso sangue. Le ipotesi però, come emerge appunto dalla decisione finale, sono state rigettate. Infatti al presidente Serao sono bastate le foto cartacee fornite dal pm De Angelis, il video del luogo del delitto e la ricostruzione del professor Paolo Pascolo che, assieme all’anatomopatologo Daniele Rodriguez, si è basato proprio su queste fotografie per ribaltare le convinzioni della difesa. Ma quelle foto linde, senza tracce di sangue né sul volto di Manfrini né sulla sua dentiera trovata sotto il corpo della moglie, hanno seminato scompiglio. E hanno cozzato contro la relazione dei Ris di Parma che, al contrario, sulla protesi hanno trovato tracce ematiche. Se per Pascolo i segni sul corpo martoriato della vittima sono «inequivocabilmente del cane, tantopiù che la relazione del dentista di Manfrini riferisce che la protesi mobile non riuscirebbe nemmeno ad addentare una mela», per il veterinario Guadagnini no. Infine si è tentata anche una terza via: l’infermità mentale, che ha seminato anch’essa scompiglio, facendo emergere opinioni contrastanti. Alla fine però, la Procura non ha concesso sconti: «Non si devono concedere attenuanti, deve essere ergastolo perché sussistono tutte le aggravanti: uccisione del coniuge, minorata difesa della vittima che era sulla soglia del coma etilico, crudeltà e sevizie inaudite, dolo notevole, mancanza di qualsiasi segno di rimorso o rispetto per quella donna uccisa con incredibile violenza e brutalità (Manfrini si è addirittura rifiutato di pagare il funerale della moglie) e perfino il suo comportamento processuale».