Delitto Perraro: c’era un secondo uomo?
Giovane, sui 30, massimo 35 anni, capelli lunghi e biondi, maglietta azzurra e pantaloni corti. È questa, per sommi capi, la descrizione fatta agli investigatori di un secondo uomo che sarebbe stato in compagnia di Eleonora Perraro e del marito Marco Manfrini, a oggi unico imputato del delitto della moglie, trovata morta la mattina del quattro settembre 2019 nel giardino del bar “Sesto Grado” di Nago orribilmente seviziata e picchiata. Manfrini è agli arresti domiciliari in casa propria, ma la svolta del processo potrebbe rivelarsi davvero clamorosa se il tutto verrebbe a trovare conferma, ossia che quella sera con loro c’era un’altra persona, un secondo uomo appunto. Visto da una coppia di clienti che si è fermata a sorbire un gelato e che avrebbe visto colui che, alla luce di questa rivelazione, potrebbe essere il vero assassino della povera Eleonora. L’avvocato difensore Elena Cainelli sta appunto portando in dibattimento questa che, per il momento, è una tesi. Tesi, però, che deve trovare riscontro nei tabulati telefonici per appurare chi quella sera fosse in loco, anche se alla prima udienza questa ipotesi era caduta quasi subito, oppure nel fatto che anche il cane della coppia fosse stato trovato, malridotto e preso a pedate come poi il veterinario che l’aveva visitato l’aveva trovato. Un uomo che si sarebbe fermato a bere e fumare con la coppia, visto salire verso il giardino dove i due si erano accomodati per un aperitivo. Le tracce dei Ris hanno confermato il ritrovamento di una terza traccia “genetica” sul luogo del delitto, dunque la tesi della difesa di un secondo uomo trova riscontro. Il rapporto tra Manfrini e la moglie non era certo idilliaco come sta emergendo dalle indagini. Liti e incomprensioni erano all’ordine del giorno, presentando una Eleonora Perraro molto fragile ma che aveva ripreso a studiare per ottenere la laurea in giurisprudenza. Lui, invece, artista ma con una vita alle spalle difficile e insoddisfatta. Un uomo è stato detto, cui bastava poco per passare dalla felicità alla rabbia. Un processo che dovrà far luce, logicamente, sull’ennesimo femminicidio, triste caratteristica di una società che non riesce ad inculcare nell’uomo il rispetto per l’altro sesso. Purtroppo.