Giovani e covid, un salto indietro nel tempo
Il lockdown ha, tra i suoi aspetti positivi, acceso una passione per la scrittura in alcuni tra noi ragazzi della 3C scientifico di Riva del Garda. Facciamo dunque un salto indietro nel tempo, a quando i nostri pomeriggi erano colmati unicamente da testi, capaci di contenere i pensieri e emozioni più stravaganti, riflessioni su quanto stavamo vivendo. è così che storicamente nasce la letteratura, attraverso una necessità di esprimere se stessi. La nostra non sarà letteratura, però c’è una matrice comune ad entrambi.
Andrà tutto sui fianchi.
Se prima venivano riprese le città deserte, ora di ripresi ci sono solo i chili. È la dura realtà della quarantena che ai singoli ha permesso di barricarsi con un compagno solo: il peso di sé stessi. Così ci si è difesi tra tutorial online e schede di ripetizioni, ma non senza sacrifici. Chi completa le sessioni nuota in una miscela di sudore e rabbia, poiché nessuno presterà fede ai suoi sforzi e gli amici potranno solamente liquidarlo con un “Se non vedo, non credo!”. Il poverino, in un’epoca d’inderogabile asocialità, trova nel web la cosa più vicina alla collettività e tartassa la scena di scatti che lo dipingono durante l’impresa. Poi, placata, almeno apparentemente, quell’insaziabile voglia di conferme, torna sul divano in posizione supina (ma con addominali contratti). Il problema significativo è di coloro che stesi c’erano già, ma senza esclusione di sensi di colpa. Questi annegano tra i video dei nuovi sportivi dai fisici marmorei, fino a scegliere di provarci anch’essi, diventando marionette di uno spettacolo che odiano. “The show must go on” ed è ciò che farà, poi la noia passerà e torneremo a credere che sia la mancanza di tempo ad averci rovesciato la tartaruga.
La macchina del caffè (del tempo e dei ricordi)
Si sta bene a casa, bere acqua calda e limone la mattina, nella pace del salotto che, come sottofondo, ha solo la voce melodica della Maugeri che mi racconta qualche notizia proveniente dal passato del mondo del rock. Si stava bene anche in Disco però, la sera a bere un gin tonic ghiacciato, nel rumore delle urla delle persone mentre cantano i pezzi che vanno di moda. Si stava bene soprattutto a scuola, trovarsi con le compagne alla macchinetta del primo piano, ad assaporare il caffè bollente che scende in gola mentre i professori gareggiano a chi è più avanti con il programma, per poi correre in bagno al cambio dell’ora perché la schiuma in polvere ha fatto il suo effetto lassativo. È bello andare a scuola, ma è ancora più bello vivere, stare a casa, per tornare a godersi quei bei momenti il prima possibile. A settembre voglio starci seduta tra i banchi, e lo dico con un desiderio irrefrenabile, tornare a lamentarmi dell’ansia che mi opprime e mi sfinisce, che in fondo quasi mi manca. Mi dispiace per tutti coloro che si sono trovati a terminare il loro percorso a casa, senza quelle piccolezze che fanno apprezzare la scuola, senza il conto alla rovescia del loro ultimo giorno tra le mura della culla che ha contato così tanto nella loro crescita. Sarebbe bello prendere una macchina del tempo e tornare di fronte a quella del caffè, ma non esiste e io credo che sia giusto così, apprezzerò di più questi momenti al mio ritorno. Ora è giusto così, l’unica acidità che assaporo alla mattina è quella del limone o della professoressa, che dietro allo schermo non è poi così paurosa.
(Stage Liceo “Maffei” – Sofia Tavernini e Chiara de Franco)