Gestione dei grandi carnivori: la Provincia nel mirino per il tema foraggiamento

Una pratica che altera gli equilibri ecologici, rende più “confidenti” gli orsi e aumenta i rischi per la sicurezza pubblica. È il quadro, tutt’altro che rassicurante, emerso durante una lunga conferenza stampa promossa da LAV e dall’esperto di grandi carnivori Alessandro De Guelmi, affiancati dal consigliere provinciale di Onda, Filippo Degasperi.
Al centro del dibattito: il foraggiamento artificiale degli ungulati effettuato in inverno dall’Associazione Cacciatori Trentini sul territorio provinciale.
Secondo quanto riportato da Il Dolomiti, De Guelmi non ha usato mezzi termini: «La pazienza è agli sgoccioli: siamo in ritardo di 20 anni». Una denuncia che poggia su evidenze scientifiche e su un accumulo di criticità ormai impossibili da ignorare.
Cos’è il foraggiamento e perché crea squilibri
Il foraggiamento artificiale consiste nella distribuzione di fieno, granaglie o frutta in punti fissi, con lo scopo — dichiarato — di sostenere gli ungulati durante la stagione fredda. Una pratica che, secondo il WWF e l’intera comunità scientifica, modifica la distribuzione degli animali selvatici e attira inevitabilmente i predatori, orsi compresi.
Le relazioni triennali dei distretti venatori, analizzate dalla LAV e citate sempre da Il Dolomiti, mostrano un quadro preoccupante: la pratica continua anche in aree in cui gli orsi sono regolarmente presenti, nonostante la delibera provinciale del 2013 preveda la sospensione del foraggiamento in caso di criticità.
Non solo: molti distretti — denuncia LAV — non avrebbero nemmeno una mappatura chiara del numero di mangiatoie installate. Un’anomalia che solleva dubbi sul livello di controllo esercitato sia dall’Associazione Cacciatori Trentini, sia dalla Provincia.
«La responsabilità della Provincia è evidente», ha dichiarato Crisetig di LAV a Il Dolomiti, ricordando come l’ISPRA chieda da tempo di rimuovere tutte le fonti di cibo antropico per evitare condizionamenti negli orsi.
De Guelmi: “Pratica dannosa anche per gli ungulati”
De Guelmi, figura storica nella gestione degli orsi trentini, ha affrontato la questione dal punto di vista tecnico.
«Il foraggiamento viene presentato come tutela degli ungulati, ma in realtà è dannoso. Per il singolo animale, per la popolazione e per l’ecosistema», ha spiegato a Il Dolomiti.
La ragione è fisiologica: i ruminanti non tollerano brusche variazioni nella dieta, e la concentrazione di cibo artificiale altera i processi digestivi e metabolici.
Il problema più grave, però, riguarda gli orsi.
«L’orso ha un olfatto straordinario: trova facilmente questi siti e li associa alla presenza dell’uomo. Da qui nasce la confidenza, che poi diventa problematicità. E sappiamo tutti come finisce un orso definito ‘problematico’», ha detto De Guelmi.
Il messaggio è chiaro: non è l’orso a cambiare improvvisamente comportamento, ma siamo noi a offrirgli motivi — e odori — per avvicinarsi ai centri abitati.
Un semplice torsolo di mela lasciato sul sentiero può diventare un segnale potente per un animale che, per natura, cerca il cibo più facile da ottenere.
Degasperi: “Il sistema è fuori controllo”
Il consigliere di Onda Filippo Degasperi, che segue il tema da più di dieci anni, punta il dito contro la Provincia: «La maggiore responsabilità di questa situazione fuori controllo è della Provincia», ha affermato nel passaggio riportato da Il Dolomiti.
Degasperi denuncia anche la presenza di capanni di caccia troppo vicini ai siti di foraggiamento, una contraddizione che rende difficile parlare di etica venatoria.
Un provvedimento del 2012 vietava i prelievi entro 200 metri dalle mangiatoie, ma la norma — ricorda Degasperi — è stata presto modificata, affidandosi al “senso di autodisciplina” dei cacciatori.
Un affidamento che, secondo l’esponente di Onda, non ha portato ai risultati sperati.
Anche gli impegni più recenti sembrano rimasti sulla carta:
«Nel 2024 è stato approvato un ordine del giorno per razionalizzare i siti di foraggiamento, ma l’assessore competente non ha mantenuto la parola data», ha dichiarato a Il Dolomiti.
Un problema ecologico e culturale
Il tema del foraggiamento va oltre la tecnica venatoria: riguarda la salute degli ecosistemi, la gestione dei grandi carnivori e la convivenza con una fauna che, in Trentino, rappresenta tanto una ricchezza quanto una responsabilità collettiva.
Gli esperti lo ripetono da anni: la gestione dei rifiuti, del cibo e delle fonti di attrazione è la chiave per prevenire i conflitti con l’orso.
E se da un lato si investe in cassonetti anti-orso e campagne informative, dall’altro — denunciano LAV, tecnici e parte della politica — si continua a mantenere pratiche che vanno nella direzione opposta.
Tra ritardi accumulati, controlli deboli e scelte mai del tutto risolutive, il rischio è quello di compromettere la sicurezza delle persone e, soprattutto, la sopravvivenza di animali che pagano con la vita errori che non sono i loro.
(n.f.)










