Che tristezza il Rione Stranfora di Arco senza luminarie e presepi
“C’era una volta…” è uno degli incipit più usati delle favole, per proiettare il lettore nel cuore della storia. Oggi, usiamo questa tipica espressione per raccontare una storia, tutta arcense, quella del rione medievale di Stranfora. È una tipica del periodo natalizio, ma di gioioso e natalizio ha ben poco. E la raccontiamo con una vena di tristezza, dopo aver passeggiato fra le vie della borgata, al calar delle tenebre, con un gruppo di amici stranieri della città di Segantini che ogni anno vengono a trascorrere qualche ora di spensieratezza durante le festività natalizie.
La nostra passeggiata inizia da Largo Pina, nei pressi della Forneria di Bruno. Markus (nome di fantasia) fa da “cicerone” e traduce in tedesco la storia di Arco. Ci incamminiamo verso la chiesetta del nostro compatrono San Bernardino, un gioiello dell’architettura dei primi decenni del Seicento, che ospita l’altare opera di Domenico Rossi, detto il Manentino. È la nostra prima tappa, con visita all’interno e accensione di un piccolo cero. Usciti dall’edificio sacro, imbocchiamo via Stranfora. Sulle prime non ci facciamo caso, tanto vivida e fredda è la luce delle lampade a led dell’illuminazione pubblica. Ma dopo qualche passo restiamo – usiamo il verbo al plurale, perché anche lo scrivente resta incredulo – senza parole. Il borgo è spento. Non ci sono luminarie natalizie sulle facciate delle abitazioni. E i presepi artigianali, meraviglie fatte a mano dai residenti? Che fine hanno fatto? Eppure le storiche inferriate sulle finestre delle case non sono state murate. Qualche passo in avanti e… niente… ancora nessun presepe, nessuna illuminazione natalizia. Eppure via Segantini e via Vergolano sono già addobbate a festa da settimane. Nel Rione Stranfora solo qualche alberello di Natale che si accende e si spegne sui davanzali. Il vento gelido ci taglia la faccia. Il nostro passo allora si fa spedito, quasi cominciamo a correre. Come dovessimo prendere l’ultimo trenino (che sogno a occhi aperti!) per salire al prato della Lizza, sotto la Torre Grande del Castello che fu dei Conti d’Arco (dal 1982 tornato “agli uomini liberi della Pieve di Arco”).
Arriviamo davanti al grande lavatoio, al centro del rione. Zampilla l’acqua, ma di presepi e luminarie natalizie nemmeno l’ombra. Ci spingiamo fino alla porta di Stranfora. Sullo slargo troviamo un grande albero natalizio addobbato e illuminato. In una corte privata, un grande presepe acceso con le lucine a led. Gli unici due momenti natalizi del rione. Gli amici di Arco mi chiedono cosa è successo. Allargo le braccia, sconsolato. Abbozzo qualche spiegazione. Nulla di convincente. Scattiamo comunque qualche foto, con lo sfondo della Torre Grande illuminata, ma senza tanta convinzione, giusto per riempire la memoria dello smartphone.
Il giorno dopo, per togliermi la curiosità e capire l’accaduto, provo a chiamare qualche componente del Comitato di valorizzazione del Rione Stranfora. Ma i telefoni suonano a vuoto… per la serie, “c’era una volta…” il Natale, anche al Rione Stranfora…