Trentino: al via il progetto contro la denatalità

Redazione29/10/20243min
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Prende il via il progetto integrato “Contenimento della denatalità”, attivato dall’Agenzia per la Coesione sociale della Provincia autonoma di Trento in collaborazione e sinergia con l’Università di Trento, Fondazione Franco Demarchi, Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari e Ispat.
La finalità è quella di formulare analisi per elaborare possibili politiche e misure economiche che possano sostenere il contenimento della denatalità e la creazione di nuove famiglie, già avviata e che proseguirà per tutto il 2025. Per questo progetto scientifico, a seguito dell’aggiornamento dell’atto di indirizzo per l’università e la ricerca, il Dipartimento di Sociologia e ricerca sociale dell’Ateneo trentino ha in programma l’attivazione di una borsa di assegno di ricerca.

L’attività prevede l’analisi dei dati esistenti da fonti Ispat e da indagini che verranno studiati da Apss sulle condizioni collegate alla natalità in Trentino, l’analisi socio-demografica scientifica nazionale e internazionale sul ruolo delle politiche pubbliche in relazione alla fecondità, la mappatura delle misure in essere nell’ambito delle politiche familiari e, infine, un’analisi comparata delle politiche presenti nei Paesi europei al fine di identificare le buone prassi e i modelli sviluppati, per comprendere in che modo rivedere le attuali politiche ed implementare nuove soluzioni.

Negli ultimi decenni in Italia si è assistito ad un graduale trend di decrescita demografica e all’aumento degli squilibri generazionali. I dati Istat (2021) mostrano come gran parte della riduzione della fecondità nell’ultimo decennio sia da attribuire al crollo delle nascite sotto i 35 anni, dovuta alla prolungata permanenza nella famiglia di origine, che spingono i giovani a ritardare la transizione ad una vita autonoma. L’età media di uscita dalla famiglia di origine in Italia è attorno ai 30 anni. Secondo i dati Ispat, nel 2021 i giovani tra i 25 e i 34 anni che vivono con almeno un genitore sono il 46,7%. Questa situazione è riconducibile a molteplici fattori, tra i quali: il protrarsi dei tempi di formazione, le difficoltà nell’entrare nel mondo del lavoro, la diffusa instabilità del lavoro, la necessità di doversi adattare a lavori irregolari o sottopagati e le difficoltà di accesso al mercato delle abitazioni.

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