Troppo fango contro Chico Forti, c’è qualcosa di… Strano

Fabio Galas04/10/20247min
chico forti in italia



 

Una delle passioni preferite dagli italiani in questi ultimi anni è quella di ergersi ad opinionisti e di schierarsi a favore o contro di qualcosa o qualcuno. Si tratta di un atteggiamento fomentato da tutta una serie di programmi televisivi e di inchieste giornalistiche che portano a creare estremismi, anche di fronte a prove inoppugnabili o, per contro, mancanza di altre attendibili, senza guardare in faccia a nessuno o pensare che dietro ogni caso c’è una persona che sta soffrendo per quello che possa aver commesso o, ancora peggio, se accusata ingiustamente.
Non stupisce che anche il nostro conterraneo Chico Forti, in questi ultimi mesi, sia finito nel tritacarne mediatico dal giorno del suo rientro in Italia, dopo aver passato 24 anni nel carcere di massima sicurezza di Miami a seguito della condanna all’ergastolo senza fine, accusato dell’omicidio di Dale Pike. “La Corte non ha le prove che lei, signor Forti, abbia materialmente premuto il grilletto – ha detto la giudice Victoria Plazer al termine del processo giovedì 15 giugno 2000, lasciandosi andare ad un commento che la dice lunga sull’atmosfera che aveva pervaso tutto il dibattimento – ma sento, al di là di ogni ragionevole dubbio, che lei sia stato l’istigatore. I suoi complici non sono ancora stati trovati, ma lo saranno un giorno e seguiranno il suo destino. Portate quest’uomo al penitenziario federale dello Stato, lo condanno all’ergastolo senza condizionale”.
Dopo questa memorabile sentenza lo zio di Chico, Gianni Forti, si è subito prodigato per cercare prove che potessero scagionare il nipote e nel corso degli anni è riuscito a raccogliere parecchi elementi a sua discolpa e presentare per ben tre volte le richieste di revisione del processo, che però non vennero mai accettate. Decenni di lavoro, viaggi e lunghi soggiorni a Miami, estenuanti visite in carcere e centinaia di migliaia di Euro spesi per raccogliere elementi utili.
I primi anni della sua detenzione le notizie rimbalzavano in Italia con poco clamore, ma una impennata dell’attenzione sul suo caso è ripartita nel 2018 quando aumentarono gli articoli sul giornali e la CBS, autorevole canale americano, realizzò un servizio che sosteneva l’innocenza di Forti. Da allora si sono susseguite in Italia numerose inchieste TV e giornalistiche, prima fra tutte quella del programma “Le Iene”, che smossero le acque a livello Parlamentare giungendo al tanto sospirato rientro in Italia grazie alla spinta finale della presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Migliaia sono i sostenitori di Chico Forti, raggruppati in comitati e gruppi social. Anche La Busa ha dato spazio al caso e gli amici dell’Alto Garda hanno organizzato incontri informativi con la partecipazione di esperti e autorità.

Ma così come è forte l’onda in suo sostegno, non mancano certo i colpevolisti, ultimo dei quali è Marco Strano che ha presentato giovedì 3 ottobre a Trento davanti a 60 persone, e a quanti erano collegati in diretta su Facebook, il suo libro “Le bugie di Chico, l’ergastolano che ci ha ingannati per vent’anni” (290 pagine, La Bussola editore).
L’autore è un ex carabiniere e poliziotto, consulente e direttore del Dipartimento di Psicologia militare di “Unarma”, uno dei sindacati dei Carabinieri, che ha un trascorso di collaborazioni anche con la Polizia di Miami. E proprio all’inizio della presentazione ha detto chiaramente che il libro serve anche per riscattare la credibilità dei colleghi americani che, a suo dire, sono stati denigrati dalle contro-inchieste a favore di Forti. Basandosi su elementi che ha raccolto ed esaminato anche in Florida, sentendo gli agenti e quanti furono coinvolti nel caso, egli ritiene che Chico Forti sia realmente colpevole della morte di Dale Pike, il quarantaduenne di Sidney trovato morto in spiaggia a Miami il 15 febbraio 1998. Non è dato a sapere chi abbia coperto le spese per la raccolta del materiale, dei viaggi in Florida e per il lavoro svolto.
L’elenco di prove che ha presentato contro Chico Forti sono più o meno le stesse che lo zio Gianni ha dimostrato essere poco attendibili, smontandole una ad una in diversi libri e interviste. Ma oltre a queste affermazioni, che possono essere più o meno credute a distanza di 26 anni dall’omicidio, quello che ci ha stupito è il fango che l’ex agente amico dei poliziotti di Miami ha gettato sul trentino che ha passato anni terribili in carcere, lasciato consensualmente dalla moglie e dai tre figli che si sono rifatti una vita alle Hawaii, lontano da affetti e amicizie. Nessun aspetto umano è stato preso in considerazione dallo scrittore romano, lasciandosi andare in frasi offensive e gratuite che non vengono indirizzate nemmeno a terroristi assassini che dopo alcuni anni lasciano il carcere per tornare in libertà.
Ognuno può esprimere la propria opinione ma l’aver detto, tra le altre cose infamanti, che l’ex surfista trentino è sempre stato un truffatore incallito capace di uccidere ha lasciato impietriti quanti lo conoscono, alcuni dei quali presenti alla conferenza. Specie se queste affermazioni vengono dedotte dai racconti dei poliziotti di Miami o dall’esame che Strano avrebbe fatto sulle espressioni facciali del trentino nei filmati delle sue interviste, per le quali si ritiene essere esperto.
Ora Chico Forti sta proseguendo la sua detenzione nel penitenziario di Verona, è riuscito ad andare a trovare la mamma novantenne a Trento e sta aspettando, in un ambiente carcerario più umano, di tornare a vivere dopo aver perso i migliori anni della sue esistenza. Meriterebbe più rispetto e compassione ma, si sa, la voglia di riscatto di chi ha sbagliato trova sempre qualcuno disposto a portarla avanti senza guardare in faccia nessuno. Meglio quindi che Chico, si spera a breve, torni in Trentino in mezzo agli orsi, piuttosto che dare ascolto da quello che esce dalle fauci dei suoi detrattori.

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