In quarant’anni sparite tante specie di pesce nel Garda, è allarme fra i pescatori
Addio carpioni, trote e coregoni. Nel lago di Garda è allarme rosso. A lanciarlo sono i pescatori professionisti delle tre sponde. Quelli veronesi e quelli bresciani parlano di un calo del 90 per cento di pesce pescato. Stefano Ragnolini, presidente della “Cooperativa fra pescatori” di Garda, chiusa da un paio d’anni per gli alti costi di gestione, attraverso le colonne di un quotidiano veronese, ha spiegato il motivo del preoccupante fenomeno. In quarant’anni, il lago di Garda è cambiato molto. Le alborelle sono sparite, le anguille non si possono pescare perché sono inquinate, trote non se ne trovano, il carpione è protetto, ne esistono pochi esemplari e non si possono seminare, il lavarello è calato. La flessione, per quest’ultima specie, è stata netta: quasi il 70 per cento. Per secoli – racconta Alberto Rania, pescatore rivano professionista della provincia di Trento, alla stampa locale – è stata la specie principale di pesce che faceva reddito e veniva venduto ai ristoranti. In calo anche il coregone, pesce simbolo del Garda e piatto forte dei ristoranti locali.
Questa “desertificazione” ha una “madre”, una norma europea che impedisce di affiancare alla fecondazione naturale quella artificiale. I due incubatoi del basso lago, che immettevano ogni anno 70 milioni di avannotti di lavarello, sono fermi e non possono produrre. Il coregone, dice l’Europa, non è un pesce autoctono, ma alloctono, non è originario del Benaco.
Per i pescatori professionisti si annuncia un’estate di grande difficoltà, a fine stagione però si ritroveranno insieme per ragionare sui prossimi passi. Intanto, gli Amici della Tirlindana di Riva del Garda guardano lontano. Con il sostegno economico del Comune di Riva, il Parco Fluviale della Sarca e l’Unione pescatori sportivi del Garda nei prossimi giorni porteranno alborelle nelle acque della riserva Val di Gola per tentare un ripopolamento di questa specie che un tempo abbondava nelle acque del Garda.