Una turista argentina denuncia: “Drogata e violentata dall’istruttore di windsurf”
“Sono stata drogata e violentata dal mio istruttore di windsurf”.
Questa la gravissima accusa lanciata da Anna (il nome è di fantasia), una turista italo-argentina di 61 anni, che ha trascorso la sua vacanza nell’Alto Garda nel settembre 2022 trasformatasi poi in un incubo.
La donna si è rivolta a “La Busa” per lanciare i suo grido di dolore, fornendo i documenti che certificano quello che è successo.
“Ero già stata tre volte in Italia – ci racconta – ma questo era il mio primo viaggio all’estero da sola. Avevo qualche timore, ma mio figlio mi ha incoraggiato ed aiutato a prenotare la vacanza più sognata: tornare nell’Alto Garda per praticare il mio sport preferito, il windsurf. I primi di settembre arrivo a Roma e poi mi reco da alcuni parenti a Terzolas, in Val di Sole.
Dopo alcuni giorni passati con loro, mi porto nell’Alto Garda dove avevo già prenotato un pacchetto presso una scuola di windsurf. La mia prima lezione si è svolta assieme ad altri quattro allievi tedeschi con lo stesso istruttore che avevo avuto nel 2017. Tutto perfetto, quindi”.
Finite le prime ore di lezione l’istruttore invita la donna a bere qualcosa al bar. “Prima ho detto di no – prosegue Anna – Mi sembrava che lo facesse solo per essere gentile con una sessantenne che era in vacanza da sola. Ma dopo ho accettato anche per fare qualche amicizia in un luogo dove non conoscevo nessuno. Dalla proposta iniziale di andare a piedi in un bar vicino, l’uomo mi ha convinta a salire sulla sua motocicletta per andare nel sul paese di residenza. Pensavo mi portasse in un altro locale, invece si fermò a casa sua, dove abitava da solo. Anche se ero sorpresa, non avevo paura: era il mio istruttore di windsurf, una persona che conoscevo e ritenevo affidabile. Che cosa mi poteva mai accadere di brutto?”.
I due passano un paio d’ore a chiacchierare, a parlare di sport e delle relative famiglie.
“Il mio istruttore aveva un atteggiamento impeccabile e cavalleresco – prosegue il racconto della donna – Ad un certo punto della serata gli ho detto che era troppo tardi e che volevo tornare in hotel. Sono andata un attimo in bagno e, prima di partire, mi ha offerto un sorso di birra artigianale da una bottiglia che già era aperta. Fino a quel punto stavo bene ed ero lucida, dopotutto avevo bevuto solo un bicchiere e mezzo di vino rosso. Dopo pochi minuti, però, mi sono improvvisamente sentita confusa e mi girava la testa. Immediatamente mi è saltato addosso e ha tentato ogni approccio per avere un rapporto sessuale. Mi trovavo in uno stato di impotenza fisica, non potevo gridare, lui mi toccava, mi baciava anche se io dicevo di no. Ad un certo punto ho perso i sensi e sono stata incosciente per molte ore. Quando mi sono svegliata, di primo mattino, ero a letto vicino a lui, che tentò un’altra volta di aggredirmi. Stavolta ero più cosciente e l’ho respinto. Continuavo a non capire cosa fosse successo. Sono andata in bagno ed ho avuto alcune perdite di sangue. Mi ha riportata in Hotel e lì mi sono addormentata di nuovo per almeno tre ore. Al risveglio sono andata nuovamente in bagno e ho visto di nuovo gocce di sangue e la zona pelvica mi faceva male. Solo in quel momento ho capito: ero stata ingannata e drogata dall’istruttore di surf che poi avrebbe abusato di me. Sono crollata per terra piangendo”.
La donna si reca subito in bicicletta all’ospedale di Arco, dove viene avviata la prassi sanitaria in caso di violenza. Prima la visita, poi deve andare a Rovereto per la stesura della scheda clinica da parte del Gruppo di studio “Aogoi” il quale non rileva segni di lesioni traumatiche, ma annota che la donna presenta dolori e disturbi pelvici, paura, amnesia dissociativa, sintomi di ansia, pianto e depressione. Poi torna al Pronto Soccorso di Arco dove viene certificata “Sospetta violenza sessuale”. Le dimissioni arrivano alle 11 di sera, con un conto da pagare all’Azienda Sanitaria di 430 Euro. Ha pianto tutto il giorno ed era terrorizzata dal fatto che l’istruttore la potesse aspettare in hotel, dove è tornata con un taxi. Il giorno dopo si reca alla Scuola di windsurf raccontando dell’accaduto, ma non gli credono, come non accettano la richiesta di rimborso delle lezioni che non avrebbe certamente più frequentato. Va quindi dai Carabinieri per sporgere regolare denuncia.
“Ho telefonato a mia sorella – racconta Anna – che mi ha consigliato di tornare subito in Argentina, così come mio figlio, disperato per quello che mi era accaduto. Sono scappata dall’incubo in autobus verso Trento, dove mi aspettava mia cugina arrivata di corsa da Terzolas per portami a casa sua per qualche giorno, prima del ritorno a casa”.
Questa bruttissima vicenda è successa il nono giorno di una vacanza programmata che doveva essere spensierata in occasione del suo sessantesimo compleanno.
“Questo mostro – conclude la donna disperata – ha danneggiato la mia salute in quanto ho ancora attacchi di panico, depressione, ho perso il 10% del mio peso. Mi è stato assegnato un avvocato d’ufficio ma mi ha detto che non avendo lesioni fisiche non era possibile avviare una causa. E l’urlo di una vittima non conta? E i certificati degli Ospedali non contano? Ho fatto subito una denuncia, ma nessuno ha fatto una perquisizione alla casa dell’uomo che ha abusato di me, come non gli è stato sequestrato il telefonino. Ho trovato il tutto di un maschilismo terribile. Quella “volpe” ora è libera di cacciare ancora altre “pecore”. Potrà il mio urlo salvare qualche altra donna e togliergli la maschera?”.