Mini rugby, maxi passione: 287 bambini in campo e una società che sogna una “casa”

Una domenica di rugby che sa di festa, di fango e di futuro. A fine aprile, sul campo di Rione Degasperi, è andato in scena il secondo Festival stagionale del Mini Rugby organizzato dalla Rugby Alto Garda. Una giornata piena di sole (quasi sempre), di entusiasmo (senza pause) e di bambini (287 per l’esattezza), pronti a rincorrere la palla ovale e il sogno di uno sport che sa unire come pochi altri.
Quattro società, quattro categorie – dalla Under 6 alla Under 12 – diciotto squadre e un solo spirito: quello del rugby vero. Quello che comincia con un minuto di silenzio e finisce a tavola, nel tradizionale “terzo tempo”, con salumi locali, strette di mano e abbracci che non chiedono il risultato finale. In campo, i piccoli di Alto Garda, Trento, Valpolicella e West Verona hanno corso, placcato, riso, lottato. E noi con loro.
Un successo di pubblico, di gioco, di organizzazione.
Ma anche – e qui si cambia tono – l’ennesima dimostrazione che il rugby locale ha un cuore enorme… e ancora nessuna casa.
Il presidente Claudio Zanoni, che guida una società in continua espansione, lo dice con passione, senza mezzi termini: «Abbiamo bisogno di uno spazio tutto nostro. Di una casa. Di un campo dove allenarci e giocare, senza dover pagare ogni volta il canone al calcio. La nostra prima squadra gioca su 110 metri ma si allena su 40. È come prepararsi per una maratona girando attorno a un tavolo da cucina».
Al momento, la Rugby Alto Garda si allena a San Giorgio, su un campo 40×40 metri, con tutte le nove categorie (sì, nove) ammassate tra plinti e coni. Gioca a Rione, ma ogni utilizzo significa affitto. Una situazione che regge solo grazie a una ventina di volontari e una quantità di passione che non si può misurare in metri quadri.
Zanoni non sputa sul piatto – anzi, ringrazia il Comune di Arco per il campo di San Giorgio, concesso gratuitamente – ma chiede un ragionamento di sistema: «A Rione e Varone i campi calcistici vengono usati pochissimo. Possibile non trovare una convivenza, con costi ridotti alla sola manutenzione e non all’affitto pieno?».
La sua voce, e quella del rugby, non è isolata. Anche l’Hockey Riva da anni si muove su pattini instabili, senza strutture adeguate. E allora il tema si allarga: può una città – ma forse è meglio parlare di splendido territorio -, con ambizioni sportive, che vuole essere inclusiva e viva, continuare a ignorare chi costruisce futuro su base volontaria, coinvolgendo centinaia di famiglie, e chiedendo solo uno spazio dignitoso per allenarsi?
Il nome è cambiato – da Benacense ad Alto Garda – proprio per abbracciare un territorio più ampio. La visione c’è, gli atleti pure. Quello che manca è solo un campo.
Nel frattempo, la Rugby Alto Garda continua a crescere. Lo fa a colpi di mete e di sogni, stringendo i denti, come si fa nei secondi tempi duri. Ma lo sport, si sa, insegna una cosa sopra tutte: non mollare mai.