Appello del naturalista Iversen: “Cerco un luogo nell’Alto Garda per creare uno stagno sulla biodiversità”

Nicola Filippi10/03/20258min
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“Cerco 100/400 metri quadrati di terreno da destinare alla costruzione di uno stagno per la biodiversità. In fondovalle.”
La curiosa richiesta, apparsa per svariati giorni sulla pagina di un canale social, porta la firma di Daniel Lebech Naessling Iversen, naturalista, ricercatore, appassionato di microfauna e di invertebrati, founder/editore della pagina “Anfibi e Rettili del Trentino – Altro Adige/Suedtirol”, accompagnatore presso “Educare nel Bosco – Alto Garda e Ledro”. La curiosità ci assale e allora decidiamo di interpellare l’estensore dell’appello. “Io non ho soldi per acquistare il terreno, ma trattandosi di una macchia di terra insignificante, 10 per 10 metri, andrebbe bene un comodato d’uso… magari un pezzo di terreno incolto di qualche produttore locale…”, premette.

 

 

 

 

“Creare più stagni – spiega il ricercatore a La Busa – fa bene alla Natura, perché aumenta la biodiversità, ossia il numero di specie in un determinato luogo e habitat”. La cementificazione massiccia degli ultimi decenni, nel fondovalle dell’Alto Garda, sta impoverendo il nostro territorio. Sia come flora, ma soprattutto come fauna. “Stanno sparendo stagni nelle città, mancano anche quelli nei giardini privati che sono stati riempiti di pesci rossi o di tartarughe, tutte specie alloctone, che con il nostro ambiente non c’entrano nulla e soprattutto perché in uno stagno fanno giganteschi danni”. Gli stagni sono scrigni di Natura, sono fonte di vita per tantissime specie. E sfata anche una falsa credenza: “Gli stagni non sono le case per le fastidiose zanzare tigre – ribadisce – si conosce molto poco della biologia di questo insetto, si pensa che vada a fare le uova negli stagni, ma non è assolutamente vero”. “La zanzara tigre – spiega ancora Iversen – è un dittero che arriva dall’Asia che si è evoluta, depone le uova dove gli altri animali non arrivano. Le larve resistono a temperature molto alte dell’acqua, le uova resistono all’essicazione per lungo tempo. Le zanzare tigre non depongono uova nello stagno, perché è un ambiente biodiverso, dove esistono altri insetti e animaletti, pronti a mangiare le loro larve”. E allora dove vanno, chiediamo? “Sottovasi pieni d’acqua e non solo. Nei cantieri, dove restan teli di plastica sotto l’acqua e si riempiono di sacche, anche sopra la legna coperta da teli nei giardini privati”. La gente libera i pesci rossi in ogni stagnetto, “ma fa solo danni perché il pesce rosso mangia tutto – illustra – Mangia le poche zanzare nostrane che riescono a deporre le uova a inizio stagione dello stagno, quando non si è ancora formato l’equilibrio. I pesci rossi si mangiano tutto, anche quegli animaletti che si mangerebbero le larve di zanzare, uova e larve di anfibi, creando così l’imbuto ecologico, dove attrae tanti animali ma il pesce li mangia tutti”.
“Il mio sogno utopico – dice Daniel Iversen – è creare una rete di stagni in modo da avere ulteriori habitat per gli anfibi, delle zone cuscinetto, ad esempio, per tutti gli anfibi che vivono nel laghetto di Laghel, che in estate si prosciuga e sparisce, oppure nel lago di Loppio”.

“Gli stagni sono un habitat importantissimo, quasi scomparso dal fondovalle, in tutta la regione, è rimasto qualcosa più in alto, tipo gli abbeveratoi delle vacche – racconta ancora Iversen – Con la loro scomparsa è venuta a mancare anche una fetta importantissima di flora e fauna che vive in ambienti umidi. Stagni veri non esistono, tranne quello che noi abbiamo realizzato qui a Canalescuola, a Villa Modl, a San Nazaro, al Creativity garden, e quello che abbiamo realizzato l’anno scorso a Volta di No di Tenno”.
Gli stagni hanno tante positività. “Durante le estati, sempre più torride, fungono da riserva d’acqua per tantissimi animali – dice – Nella scuola che abbiamo creato a Villa Modl, la fototrappola ha catalogato 12 specie diverse di uccelli che si abbeverano nello stagno”.
Lo stagno inoltre ha funzioni didattiche/divulgative. In quell’ambiente vedi tanti organismi diversi, in un luogo piccolino: “Spesso vedi anche insetti e anfibi che hanno metamorfosi”.
Per Iversen serve un “piano di priorità sul pianeta – spiega il naturalista – appartamenti da affittare alle persone e terreni da affittare per creare stagni e favorire la biodiversità”.
Ma nell’Alto Garda si può parlare di biodiversità? “È una zona fortunatamente molto diversificata, con habitat diversificati, dai 2mila metri dell’Altissimo ai 69 metri di Torbole, è un territorio esposto a sud, con spiccata influenza della macchia sub-mediterranea, con boschi di leccio, carpino nero, orniello, specie tipiche che salgono fino a Vezzano – risponde – Anche come fauna abbiamo il ritorno del lupo, dell’orso, dello sciacallo dorato, di avifauna. Siamo messi bene però potremmo essere messi molto meglio”. Tradotto? “Mancano habitat. Come quello ripariale, lungo il lago – sottolinea – una volta le spiagge erano habitat per la riproduzione dei pesci e di tante specie di uccelli, che ora non hanno più spazio e un luogo dove deporre le uova e far vivere i propri avannotti, non ci sono più canneti, non c’è più vegetazione… Punta Lido è un’oasi, ma non è sufficiente. Il mio sogno, parlando per esempio dell’area ex Cattoi, sarebbe quello di fare un parco che rispecchi un bosco ripariale che c’era secoli fa e adesso non c’è più”. Nell’Alto Garda “c’è una sensibilità ambientale – conclude il naturalista Iversen -, ma purtroppo non si muove nella stessa direzione”.